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Se non sono strani non li vogliamo

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Bene, il diktat del momento continua su quel trend. Il design, l'Hi-Tech e le nuove frontiere della tecnologia in generale, fanno del «lato estetico» un canone imprescindibile. E allora via dal telefonino, al computer palmare, all'automobile, passando per lo scooter la moto e tutti quei prodotti che ormai fanno parte «totale» della nostra vita quotidiana. Tutto, superfluo compreso, deve avere una forma, un significato estetico. E poco importa se il risultato finale è a discapito della praticità di utilizzo: insomma niente più che il motivo per il quale abbiamo bisogno di quel determinato oggetto e per il quale l'abbiamo acquistato. Il risultato è che la forma prende il sopravvento su tutto il resto. Nasce su questa linea l'insolito Tamago Honda, uno scooter che sembra più una valigia che un motorino, dall'aspetto insolito, con soluzioni avveniristiche che stravolge i concetti base della sua categoria. Non a caso il nome tradotto in lingua madre (giapponese ovviamente) significa «uovo», anche se il centro styling che lo ha disegnato è quello di Roma: Honda ovviamente. Per ora è un concept scooter, ma presto potrebbe diventare realtà. Proprio sulle «concept» si investono capitali infiniti nel campo delle quattroruote. Modelli spaziali che probabilmente, anzi sicuramente, non verranno mai prodotti, ma che spesso si fermano proprio a un passo dalla fabbrica. Un esempio? La Hoggar ideata dai designer della Peugeot. Una 4x4 del futuro, che sembra più un ragno che un'automobile e ha una scheda tecnica da astronave con prestazioni da Formula Uno. Tutto, rigorosamente sulla carta, almeno fin quando le teste pensanti del colosso francese non decideranno di volerlo vedere in movimento: allora si spenderanno diverse decine di milioni per un oggetto bello, strano, ma assolutamente inutile se non per lo sviluppo di qualche componentistica che verrà poi utilizzata magari su un'utilitaria da 10.000 euro. Ma c'è anche di peggio. Spot pubblicitario. Un oggetto moderno vola a mezz'aria, si muove fluttuante tra soggetti che lo guardano stupiti sulla colonna sonora da Blade Runner. Sembra un'automobile, no è un motorino, macchè forse è l'ultimo mobile-phone di chissà chi. Niente di tutto questo, è il nuovo porta-pasticche di una nota casa farmaceutica. Possibile? Sì, è il momento del design tutto si trasforma e cambia faccia e diventa, se possibile, ancora più improbabile. Esci di casa con le tasche piene di cose insolite che qualche anno fa saresti rimasto delle ore ad osservare: adesso no, è tutto normale, fa parte del gioco.. Nella fiera del superfluo non potevano poi mancare le nuove generazioni di telefonini. Non fa in tempo a uscirne uno, che il giorno dopo è già vecchio. Inutile citare l'infinità di sigle e cifre che li identificano in questo mare di cristalli liquidi e digitalizzazioni. La quantità di pixel o byte diventa un passaggio vitale per la guida all'acquisto. Come il tuo non fa le foto? Non hai gli mms? Inutile vivere senza, soldi spesi a vuoto, perché nell'era dell'apparire le «funzioni» sono vitali. E l'interconnessione? Quella poi... Tutto si collega a tutto, può «scaricare» qualsiasi cosa e trasformare, modificare e rispedire al mittente. Sì, ma a che serve? A niente, però è cosi alla moda. Quanto costa? Poco importa... lo voglio!

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