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YOUNG ADAM, di David Mackenzic, con Evan McGregor, Tilda Swinton, Peter Mullan, Emily Mortimer, Gran Bretagna, 2003.

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Lo ripescano due barcaioli che lavorano su una chiatta. Uno dei due, Joe, come soggiogato da quella circostanza, seduce la moglie dell'altro. In parallelo con quella relazione, solo di sesso, si scopre che Joe era stato l'amante della donna annegata, che era caduta in acqua dopo un loro diverbio. L'incidente, però, viene ritenuto un omicidio, se ne accuserà un uomo che, anche lui, era stato amante della donna e lo si condannerà a morte. Joe, pur turbato, non confesserà nulla e lascerà impiccare un innocente. Una storia nera. Tratta da un romanzo di uno scrittore scozzese, Alexander Trocchi, morto eroinomane, ritenuto da molti, negli Ottanta, un esponente di spicco della Best Generation. L'ha portata sullo schermo, esordendo nel lungometraggio, un documentarista inglese abbastanza noto, David Mackenzie, intento a riproporre al cinema, con fedeltà intelligente, la scrittura asciutta ed essenziale dell'autore letterario: rappresentando i fatti e le psicologie dei personaggi quasi con secchezza, pur collocandoli in cornici in cui i canali, le nebbie e il trascorrere dei giorni, specie con le luci dell'alba, si prestano, ma senza insistenza, a composizioni figurative quasi preziose in cui l'evolversi del dramma del protagonista, diviso fra i ricordi, i rimorsi, il sesso di ieri e quello di oggi e poi, decisa, la fuga da ogni responsabilità, è sintetizzato con forte intensità: pur privilegiandovi in mezzo soprattutto il silenzio o l'alluso. Lo ricrea con vigore Ewan McGregor. Di fronte, Tilda Swinton, abilmente composta in vesti dimesse. G. L. R.

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