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Il Vate lottava contro la noia

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Ormai sessantenne non rinunciava alle imprese d'amore e di guerraIl personaggio del poeta è indagato al di là dei tradizionali luoghi comuni: la sua stravaganza dovuta al bisogno di colmare i vuoti della vita con gesti clamorosi

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..».Si trattava di Fausto Coppi e poteva essere il Giro d'Italia o il Tour de France. In questo nuovo testo, lo scrittore torinese concentra la sua attenzione di narratore più attento agli stati d'animo e alla condizione di uno scatenato super-io, su una impresa che fece epoca e che rappresentò davvero il gesto più improbabile fra i tanti, in ogni campo che il Poeta Imaginifico compì nella sua ricca esistenza. Inizia l'impresa lamentandosi di un'anomalia rara se non unica: «È una gran cosa che dopo aver preso una città io debba ancor sempre aver bisogno di quattrini!». E giù una tirata sulla prosaicità di un Novecento che lo costringe a questi piagnistei, non era stato così, prosegue nel suo soliloquio, raccolto da Tom Antongini, suo segretario e discreto scrittore, che assume il ruolo di referente letterario, non era accaduto mai a Cesare Borgia, pensò un po' contrariato di non aver sotto mano, nella mente, qualche altro esempio illustre: «Quelli lì, conquistata una città, si riempivano le tasche d'oro, e i bei forzieri colla serratura doppia; che io pure ce li ho, mai comprati dagli antiquari, e soprattutto vuoti». Così prende avvio e respiro dunque questo nuovo romanzo di Alessandro Barbero, che fin dall'inizio offre spunti e motivazioni per un invito alla lettura costruito con molta ironia e con assoluta fedeltà alla sequenza dei fatti che riguardarono quella impresa, unica e non soltanto perché guidata da uno squattrinato, ma soprattutto Poeta, fra i massimi fra Otto e Novecento, calatosi nell'avventura con il piglio giovanile di chi vuol vivere una esperienza davvero unica, capace di venir ospitata sui libri di storia come in quelli di letteratura. È ormai quasi sessantenne, il Vate, e non demorde dalle imprese di guerra e d'amore, due campi di battaglia dai quali non è mai fuggito, facendo soffrire eserciti nemici e donne di ogni tipo. Attorno a tutto questo l'ansia del collezionista, di donnine di armi per il comando, sicuro che dall'una impresa come dall'altra avrebbe ottenuto quelle gratificazioni che per lui erano una questione di sopravvivenza. Emerge dal ritratto di Barbero/Tom Antongini, un uomo singolare che si sforza di apparire diverso da quello che realmente è, fedele applicazione della regola pirandelliana dell'essere e del parere: e dire che i due, Luigi e Gabriele, amabilmente si detestavano, l'uno tutto estroversione, l'altro interamente racchiuso nella gabbia di un io drammatico e diviso. Nel procedere del racconto, sul filo di una documentazione storica di continuo, si diceva, velata di sapiente ironia, la componente umorale si fa strada, per cui l'impresa diventa sempre più decisamente una battaglia da condurre contro la noia: se ne accorgono i mercanti fiumani i quali non vedono l'ora che il Comandante tagli la corda, scompaia, li lasci in pace: il blocco navale davanti al golfo non aiuta gli affari, paiono storie dei tempi nostri. Da capo di governo, compie alcune stravaganze: per primo riconosce l'Unione Sovietica, guadagnandosi la simpatia singolare di Lenin che da quell'impresa si augura possa nascere un bel sano Soviet nel cuore d'Europa. Avventure che appartengono ormai ad un uomo alle soglie della senilità, e anche per questa ragione irascibile e talvolta malinconico, tutto chiuso in se stesso, nell'adorazione fedele del proprio personaggio. Di qui, da tale identikit, il significato di fondo di questo romanzo ricostruttivo e al contempo molto attento nel filtrare fra le pieghe di un personaggio per molti tratti indecifrabile; il che serve anche a far piazza pulita di tanti, troppi luoghi comuni che il Vate si è tirato dietro: in realtà, la sua stravaganza è frutto di una profonda inquietudine che lo sospinge ogni volta nell'imprevi

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