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Ranieri: «La mia lirica con passione»

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Il cantante rivela come allestirà «Cavalleria rusticana» e «I pagliacci»

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Giunta alla sua 39ma edizione la rassegna marchigiana presenta infatti due nuove produzioni operistiche con la regia del cantante/attore partenopeo: «I pagliacci» e «Cavalleria Rusticana», entrambe, com'è tradizione, da eseguirsi in una serata (il 1 al 6 agosto). Altra novità è la regia di Brickaus per «El Comarron» di Henze, che andrà in scena in un capannone ad Appigliano (18 luglio). Il festival è dedicato anche allo scenografo Josef Svoboda scomparso lo scorso anno. In suo onore saranno ripresi due storici allestimenti dello Sferisterio, «Traviata» (19, 27 luglio / 5, 8, 12 agosto) e «Lucia di Lammermoor» (26 luglio / 3, 7, 10 agosto), entrambe con le scenografie di Svoboda e la regia di Brockhaus, nonché un masterclass dal titolo «Nel segno di Josef Svoboda» (11-18 luglio). Dicevamo di Ranieri: da mattatore e vero attore ha presentato le sue idee registiche in un lungo monologo: Strehler, Scaparro, Patroni Griffi, il film noir americano, Billy Wilder, i vicoli di Napoli, Barbara Stanwick e Santuzza. Che melange azzardato! Un po' confuso, il cronista musicale s'avvicina a Ranieri cercando di capire meglio cosa ha in mente, per Leoncavallo, per Mascagni e naturalmente per il suo futuro. Allora vedremo «Cavalleria» nelle strade di Manhattan? «Ma no! Il mio riferimento al noir americano vale per la messa in scena delle passioni più torbide. Una dimensione che a mio parere Wilder ha preso dal melodramma e da Mascagni, che è un'autore che sento parte di me, della mia genia meridionale che si rifà alla tragedia greca». Non divaghiamo, dove ambienta le opere? «Le ho ambientate nelle piazzette e nei vicoli di piccoli paesi del meridione. Mi ricordano la mia infanzia e mi danno anche il senso di chiuso e d'oppressione che è connaturato a questi drammi. Anche l'epoca è più o meno quella originale, anche se i costumi di "Cavalleria" occhieggiano agli anni '20». «I pagliacci» invece? «Il gioco del teatro nel teatro come attore non può che attrarmi. Anzi a prima vista è questa l'opera che mi è più congeniale». Ecco, allora sarà una regia d'attore. Chiederà molto ai cantanti? «Cosi mi hanno insegnato i miei maestri, Strehler, Patroni Griffi, Scaparro con cui ho un rapporto tale che quando non vengo a capo d'una cosa lo chiamo subito al telefono. Per un attore la regia è nei movimenti più piccoli, in uno sguardo, in un braccio che si muove. Nulla deve essere casuale. Ai cantanti, al mio amico Martinucci (Canio in «I pagliacci» ndr) che mi ha coinvolto in questa avventura, chiederò di andare a sviscerare i personaggi. Questa è la sua prima regia. La intimorisce il mondo dell'opera? Avrebbe preferito un lavoro teatrale? «L'opera m'intimorisce per la sua apparente facilità. Tutto è già scritto nella musica: troppo comodo andare in mezzo al palcoscenico e cantare. Gli interpreti dovranno cercare di scovare le passioni dei loro personaggi. Cerco di scardinare certi luoghi comuni, e questo lo posso fare solo attraverso il lato umano della recitazione».

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