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FU senza dubbio un uomo dalla «vitalità unica».

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In tutti i casi il buon nome della patria va tenuto alto. Quindi se capita che un principe russo lo sfidi a chi beva più champagne, lui, anche se è quasi astemio, non si tira indietro: e alla fine il principe cade a terra quasi fulminato, mentre il nostro baldo giovane «se ne va magnificamente equilibrato sulle proprie gambe». Perché Filippo Tommaso Marinetti è fatto così: schiaffi e simpatia, ribalderie goliardiche e genialità fulminante. E gran seduttore. Non fa mai fiasco, Marinetti. Diventa un vero demonio allorché ha fiutato la preda. La imprigiona nei lacci della sua corte «sapiente, agile, divertentissima», non concede un attimo di tregua, mescola audacia e garbo, disinvoltura e fascino. Ed è ammiratissimo. Capita così che, al termine di una serata futurista o di una manifestazione interventista; dopo che, insieme agli amici, ha distribuito schiaffoni e cazzotti, «gli arrivino dei misteriosi messi, con lettere profumate seguite da insistenti chiamate al telefono. Evidentemente di belle donne commosse fino alla dedizione fulminea». Con queste parole, i futuristi Bruno Corra ed Emilio Settimelli celebrano il loro idolo. Nella prefazione ad un curioso e gustoso libretto che non si stampava più dal 1918 e che la Vallecchi adesso ripropone: «Come si seducono le donne» (prefazione di Carmen Llera, pp.126, ? 12). C'è davvero da esser grati alla rinata casa editrice fiorentina che riporta alla luce testi noti o meno noti dei grandi della cultura novecentesca, di quegli spiriti liberi che «inventarono» le riviste più battagliere, le avanguardie più trasgressive e scanzonate, un modo tutto nuovo di far politica e cultura, e, ci si perdoni l'enfasi, di «vivere». Senza risparmio. Pensiamo proprio a Marinetti. Qui tutto impegnato a dir la sua sul gentil sesso e l'amore. Memorie e riflessioni che gli amici si annotano religiosamente durante un viaggio in treno, nel 1916, di ritorno dal fronte. Cosa dice l'autore del celebre «Manifesto futurista» (non meno rivoluzionario, si badi bene, di quello di Marx)? Pilucchiamo, qua e là: «Voler essere bella vale molto più che qualsiasi splendore fisico»; «L'intelligenza del corpo non si apprende né si acquista. È una specie di volontà-istinto che tutte le belve hanno»; «A venti, a trenta, a quaranta anni l'uomo prova sempre davanti alla bellezza perfetta di una donna, il tedio che dà il museo»; «Una donna si dà a Milano con reticenze, mezzetinte, parentesi e sospensioni e si spalancherebbe invece brutalmente e generosamente, nervi, spirito, corpo allo stesso uomo se si trovasse a Roma»; «La fiducia nella fedeltà della donna è un prodotto di una atmosfera senza calore e senza colore»; «Una donna lussuriosa ha bisogno di tanto in tanto di essere presa per un filosofo tedesco»; «(...) L'essenza della donna contiene non soltanto morbose curiosità infantili, incapacità di attenzione, orrore della monotonia, paura-coraggio dei timidi, ma specialmente un bisogno indistruttibile di tradimento. La sua inferiorità muscolare l'ha trasformata in una belva semi-addomesticata che sogna affettuosamente di tradire il maschio adorato sì, ma odiato perché costruttore della gabbia-società. Necessità dunque per il maschio seduttore di sviluppare in sé le forze e il tono del domatore». Vero o falso, vero e falso? Il signore sì che (non) se ne intende? L'«ardua sentenza» spetta ovviamente alle donne, anche se Marinetti direbbe che non hanno alcuna intenzione né alcun interesse a dire la verità. Lui, comunque, a parlar di donne era autorizzato. La sua «vita esplosiva» (è il titolo di una bella biografia scritta da Gino Agnese) ne è piena, e di storielle e di aneddoti ce ne potrebbero essere molti di più di quelli raccontati in questa «operetta» non propriamente «morale». Basterebbe pensare a cosa c'è "dietro" la nascita del «Manifesto». Inverno 1909. Siamo a Parigi e fa un gran freddo. Ci si scalda con i pettegolezzi? Forse. C

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