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Il riscatto di Silvia Romano: quattro milioni di spesa per finanziare la jihad

Il riscatto pagato per la liberazione di Silvia Romano al gruppo somalo Sha'abab servirà a finanziare il terrorismo

Francesca Musacchio
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Dai kalashnikov alle mitragliatrici, passando per bombe a mano e pistole. Il quantitativo di armi che si può comprare al mercato nero con 4 milioni di euro è notevole. La presunta cifra pagata per il riscatto di Silvia Romano al gruppo jihadista somalo al Sha'abab non è poi cosa impressionante se si pensa che la lucrosa attività dei sequestri posta in essere dai terroristi, con il favore di milizie locali autonome, finanzia la jihad in tutte le sue componenti. Per approfondire leggi anche: Sul riscatto clamoroso attacco dell'Europa Dagli stipendi ai miliziani, alla logistica, ma soprattutto l'approvvigionamento di armamenti. E proprio intorno alle armi ruota un mercato nero miliardario che si alimenta con i teatri di guerra per i quali gli strumenti più richiesti sono armi automatiche, rpg (lanciarazzi), granate e mine. In pratica, con una decina di milioni di euro, un gruppo può dotarsi di un'arsenale al pari di un vero e proprio esercito. Un kalashnikov, ad esempio, si può tranquillamente comprare nei Balcani pagandolo anche l'equivalente di 450 euro. Su altre piazze in prezzo può salire o scendere e lo stesso kalashnikov può oscillare tra gli 800 e i 1.500 dollari. Durante gli anni in cui l'Isis aveva instaurato il Califfato tra Siria e Iraq, pare che un AK-47 sia arrivato a costare anche 2000 dollari. Per approfondire leggi anche: Flavio Briatore: si è convertita ad Al Shabaab, non all'Islam In ogni caso si può portare a casa un buon numero di fucili d'assalto. Stessa cosa, ad esempio, per i mortai il cui prezzo, a seconda del mercato nero, può variare dai 200 ai 500 dollari. Ma con 4 milioni di euro si possono comprare anche una buona quantità di pistole Glock mitragliatori, lanciarazzi, bombe a mano e anche giubbotti anti-proiettile. Il costo di una pistola Glock, in dotazione anche alle forze dell'ordine occidentali, può oscillare tra i 600 e gli 800 dollari. Ma la «spesa» dei terroristi che vogliono «lavorare in sicurezza» può anche includere l'acquisto di qualche decina di giubbotti anti-proiettile, spendendo al massimo 200 dollari a pezzo. Il mercato nero delle armi offre anche armi lunghe originali, che variano dai 1.000 ai 1.200 dollari l'una. Gli affari in questo mondo, infatti, sono prosperosi e non hanno praticamente confini. Si va dai Balcani, al Medio Oriente al Nord Africa, per non parlare di quello strettamente legato al Continente asiatico, Iran, Cina e Corea. Gli Sha'abab somali, ormai affermato come gruppo di elité della galassia di al Qaeda, sono in grado di tessere le loro trame tramite somali emigrati che fungono anche da mediatori per lo spostamento di capitali con il metodo Hawala. Il presunto riscatto pagato per la cooperante italiana non è che una minima parte del potenziale economico in ballo con le trattative per la liberazione di altri ostaggi in mano ai miliziani somali che, come tutti gli altri gruppi della nebulosa jihadista, hanno da anni compreso la debolezza dell'Occidente nell'agire nei loro confronti e la possibilità di trarre profitti da investire nella causa praticamente senza alcuno sforzo. A ciò si aggiunge il risalto mediatico ottenuto con le loro azioni e che i gruppi jihadisti utilizzano per il proselitismo e il reclutamento di nuovi miliziani da inviare nelle basi di addestramento, anche queste finanziate con la collaborazione involontaria dell'Occidente. Per approfondire leggi anche: Santanché: se era contenta perché abbiamo speso 4 milioni?

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