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La prof. Fabbrocini: "In Italia 35mila mutilazioni genitali femminili"

Carlo Antini
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Curare, innanzitutto, grazie anche a visite gratuite e "open day" ambulatoriali. Ma anche informare e sensibilizzare l'opinione pubblica, per contrastare la diffusione di una pratica che vìola i diritti e la salute delle donne e delle bambine. A ridosso della Giornata mondiale contro le Mutilazioni genitali femminili, in calendario giovedì 6 febbraio, a invocare un'azione culturale ad ampio raggio è la prof.ssa Gabriella Fabbrocini, direttore di Dermatologia e Venereologia presso l'Università degli Studi "Federico II" di Napoli.  Per approfondire leggi anche: in prima linea contro le mutilazioni “La mutilazione genitale femminile è una pratica di natura esclusivamente culturale e rientra nelle violazioni dei diritti fondamentali all'integrità della persona e alla salute delle donne e delle bambine. Ancora oggi – inquadra Fabbrocini - è diffusa in almeno 27 Paesi africani e in alcuni della fascia araba e del Sud-est asiatico. E l'Italia è purtroppo tra i Paesi dove si registrano numerosi casi di donne provenienti da nazioni dove queste pratiche sono ancora molto comuni. Si stima infatti che ci siano tra 25 e 35mila donne che hanno subito mutilazioni genitali, anche se i dati ad oggi non sono ancora certi”. “Dopo un'infibulazione, i rapporti sessuali sono dolorosi e spesso insorgono patologie come cistiti e infezioni vaginali. Per noi dermatologi – sottolinea - il problema emerge quando queste donne arrivano nei nostri ambulatori, non soltanto per la mutilazione genitale, ma anche perché affette da malattie veneree. Molto spesso per queste donne la loro condizione rappresenta la normalità, in quanto nella loro cultura è una tradizione ancora profondamente radicata”. “Nella Clinica dermatologica della "Federico II" di Napoli – rivendica Fabbrocini - abbiamo istituito l'ambulatorio di Dermatologia etnica, dove questo problema sta diventando sempre più presente. L'apertura di giornate "Open day" mira non solo ad effettuare visite gratuite a persone provenienti da Paesi stranieri, ma anche a informare e a sensibilizzare l'opinione pubblica sull'argomento”. “Si stima che circa 5 mila bambine siano a rischio di essere sottoposte alla stessa pratica, quindi è necessario che attraverso queste campagne di sensibilizzazione si promuova un cambiamento atto a salvaguardare la salute psicofisica delle donne e delle bambine.  È una violenza indicibile che mina l'integrità della salute femminile e come tale vanno messe in atto una serie di misure volte a bloccare queste pratiche tribali”, conclude.

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