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Giampaolo Pansa, se n'è andato il più grande di tutti

Giampaolo Pansa con il direttore de Il Tempo Franco Bechis

Franco Bechis
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Se ne è andato un maestro, uno dei pochi che ho incontrato nella mia vita. Ho deciso di fare il giornalista leggendo Giampaolo Pansa, e ho avuto la fortuna di conoscerlo e talvolta vederlo fin da quando ero agli inizi. Un punto di riferimento, ma soprattutto un uomo di grande tenerezza a dispetto del carattere burbero che si era ritagliato. Ha insegnato il mestiere a tante generazioni, sapendo individuare veri talenti ovunque abbia lavorato. Da qualche anno viveva a San Casciano dei Bagni, fra le colline senesi e da lì scriveva iniziando ogni mattina all'alba quasi con frenesia i suoi libri. Li buttava giù di getto. Poi si fermava. Perché non avrebbero mai visto la luce se prima non li avesse letti, corretti e approvati il bersaglio di ogni sua tenerezza: Adele, la sua compagna. Senza di lei Pansa avrebbe smesso pure di respirare, ed ogni parola, storia, immagine nasceva da lei, che fino all'ultimo istante è stata sua agente, sua musa, suo specchio e sua dolcissima ombra. Solo Adele ha saputo lenire la ferita terribile di questi ultimi anni per la perdita dell'unico figlio, Alessandro, scomparso all'improvviso due anni fa. Ora padre e figlio potranno riabbracciarsi, e le ferite restano nostre che abbiamo perduto una bussola, una delle ultime per conoscere la strada di un mestiere sempre più confuso. Ciao Giampaolo. Per approfondire leggi anche: Addio Pansa, un gigante del giornalismo

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