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Otto aggressioni al giorno contro poliziotti e militari

Nel 48% dei casi a colpire sono stranieri

Andrea Cionci
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Sono numeri molto scomodi, forse per questo non vengono divulgati dai media. In Italia, ogni tre ore e mezza - vale a dire sette volte al giorno - un tutore dell'Ordine subisce un'aggressione.  Nel 2018 è andata così, stando ai dato dell'osservatorio "Sbirri pikkiati" dell' Associazione Sostenitori e Amici della Polizia Stradale, che registra gli attacchi fisici causa di lesioni refertate agli operatori di polizia durante i controlli su strada. Sono escluse dal conteggio, quindi, le aggressioni durante tafferugli per partite di calcio, manifestazioni etc... Il più indigeribile dei dati è quel 47,8 % di aggressioni commesse da stranieri (in aumento rispetto al 2017). Parliamo di 1264 attacchi su un totale di 2646: se la matematica non è un'opinione, considerato che gli stranieri sono il 12% della popolazione residente in Italia, ne segue che essi risultano circa 6,74 volte più aggressivi verso le forze di polizia rispetto agli italiani. L'uso di alcol e stupefacenti ha, poi, un ruolo rilevantissimo: in ben 743 attacchi (28,1%), l'aggressore è risultato ubriaco o drogato, percentuale in crescita rispetto al 26,8% dell'anno precedente. Il triste record spetta proprio all'Arma dei carabinieri, vittime nel 45,7% delle aggressioni. Seguono a ruota quelle alla Polizia di Stato con il 43%. Il restante ha visto coinvolti Vigili urbani e altri corpi. In 397 casi (15%) è stata utilizzata un'arma propria o impropria (bastoni, oggetti o la stessa vettura utilizzata per travolgere l'agente). Tutto questo avviene nell'indifferenza pressoché totale dell'opinione pubblica e della stessa politica - come spiegano dall'Asaps - e il guaio è che l'autorevolezza e l'autorità delle Forze dell'Ordine sono fortemente venute meno nella percezione collettiva, anche da parte dei ragazzi. Basti ricordare come pochi giorni fa, tre giovani bulli, appena conclusi i tre anni di lavori socialmente utili, non abbiano trovato di meglio, infatti, che sbeffeggiare la Polizia in un video pubblicato sui social. Secondo il presidente Asaps, Giordano Biserni: «Anche l'enorme clamore sollevato sulla foto in cui il giovane americano arrestato appare bendato (una situazione, ovviamente, non ammissibile) offre però la misura di quanto i media siano sempre pronti a puntare il dito sul poliziotto (o un carabiniere, nel caso specifico, ndr) cui talvolta può capitare di usare maniere un po' più dure per immobilizzare l'aggressore, o chi ha commesso un reato. Nessuno però, comodamente al sicuro dietro allo schermo, ha la percezione diretta della pericolosità di una situazione. Basti pensare che per bloccare un immigrato che dà in escandescenze armato di coltello vediamo che spesso servono ormai una decina di agenti, perché apparire troppo energici può significare un processo, reale o mediatico. La cosa più triste è la demotivazione degli uomini in divisa che, ormai, in molti casi preferiscono prenderle piuttosto che darle». Il paradosso è che lo sdegno per la benda espresso dal pubblico italiano sarà certamente cavalcato dalla difesa americana del giovane imputato, probabilmente per chiederne l'estradizione. Eppure sono in tanti che si chiedono come si sarebbe comportata la polizia Usa (nota per le maniere non proprio ortodosse) in una situazione speculare. Un certo "pietismo inversivo" del pubblico si rivolge perfino agli aggressori non umani di poliziotti e carabinieri: sono stati in 300 a manifestare in piazza a Napoli, il 20 luglio, per chiedere le dimissioni del poliziotto che aveva abbattuto con la pistola un pittbul che gli era stato scagliato contro da un pregiudicato. Continua Biserni: «Del dilagare della violenza contro le divise e di questo continuo erodere l'autorevolezza dei tutori dell'ordine dovrebbero invece preoccuparsi, per primi, i cittadini - ancor più di agenti e carabinieri - perché i prossimi saranno loro come vittime di una violenza sempre più tracotante e ormai di fatto quasi impunita. Ora, con il Decreto sicurezza bis, speriamo che qualcosa migliori, ma le leggi, per quanto apparentemente severe, bisogna vedere come vengono applicate – o aggirate – dai magistrati». Commenta Silvio Riccardi, Segretario Nazionale Uil Polizia – SP: «D'altronde, quando qualche forza politica parla ancora di numeri identificativi sulle uniformi, (Pd e M5S n.d.r.) e di introduzione del reato di tortura psicologica, ci rendiamo conto che la strada da percorrere nel supporto morale alle Forze dell'Ordine e nella difesa dei loro operatori dai processi mediatico-giudiziari, è ancora lunga».

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