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Presunti scafisti sulla Diciotti. La Polizia ne arresta quattro

Il fermo è scattato per tre cittadini egiziani e uno del Bangladesh

Carlo Antini
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Il ministro dell'Interno Matteo Salvini è indagato per il caso Diciotti, le carte giudiziarie passeranno presto dalla procura di Agrigento a quella di Palermo, ed entro due settimane dovrebbero essere trasmesse all'apposito tribunale dei ministri (istituito sempre nella capitale siciliana, presso la Corte d'Appello, sorteggiando i nominativi dei giudici). Intanto nella tarda serata di domenica, la polizia ha eseguito quattro fermi nei confronti di tre cittadini egiziani e di uno del Bangladesh, ritenuti i presunti scafisti che avrebbero condotto l'imbarcazione con a bordo gli immigrati poi soccorsi dalla Diciotti e sbarcati in Sicilia. Ai quattro vengono contestati associazione per delinquere finalizzata alla tratta di persone, favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, violenza sessuale e procurato ingresso illecito. Una volta ricevute le carte giudiziarie sul vicepremier Salvini, il tribunale dei ministri di Palermo avrà tre mesi per esprimersi. Nel caso in cui i giudici decidessero che la procura ha ragione, allora si chiederà l'autorizzazione a procedere contro Salvini, per abuso di potere, arresto illegale e sequestro di persona. Solo con il via libera di Palazzo Madama, dove il leader leghista siede come senatore, si procederebbe contro il ministro. I pentastellati, tramite Luigi Di Maio, hanno fatto sapere che Salvini può comunque rimanere al Viminale anche se indagato. E hanno espresso solidarietà al ministro molte voci nel centrodestra, a partire da Giorgia Meloni di Fratelli d'Italia e dal leader di Forza Italia Silvio Berlusconi, che correvano assieme a Salvini alle scorse elezioni del 4 marzo. L'ex Cav parla di una «assurda ed inconsistente vicenda giudiziaria non potrà che avere un esito favorevole» allo stesso Salvini. «Ancora una volta - prosegue Berlusconi - l'autorità giudiziaria è intervenuta su una vicenda esclusivamente politica su cui non dovrebbe minimamente interferire». E Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera, invita Salvini a riflettere «se valga la pena continuare un'esperienza di governo dentro un'alleanza così contraddittoria, che sta facendo pagare un prezzo molto alto all'Italia, sopratutto in materia economica». Salvini si mostra baldanzoso: «Possono arrestare me ma non la voglia di 60 milioni di italiani che vogliono il cambiamento», dice davanti ai militanti di Pinzolo, ricordando poi che per il ponte di Genova crollato ancora non ci sono indagati. Quindi, sui social, tira dritto: «Continuo, orgoglioso, il mio lavoro». Il suo capo di gabinetto, Matteo Piantedosi, indagato anche lui, si dice assolutamente «sereno, tranquillo e determinato». Fonti del Viminale sottolineano che il rapporto con Salvini, professionale e umano, non è in discussione e si è addirittura rinforzato. Piantedosi è convinto che sull'affaire Diciotti non sia stata violata alcuna norma. Le indagini, che avevano preso forma dapprima «contro ignoti», sono state portate avanti dal procuratore capo Luigi Patronaggio, lo stesso che il 22 agosto è salito sulla nave Diciotti, ancora attraccata a Catania. I magistrati guidati da Patronaggio, prima di iscrivere Salvini nel registro degli indagati, hanno ascoltato tutti i protagonisti della catena di comando che ha generato una situazione delicatissima, con decine di migranti sostanzialmente sequestrati dai militari. Secondo la legge, dopo 48 ore di reclusione deve esserci la luce verde di un giudice alla limitazione della libertà individuale. E la luce verde, in questo caso, non c'è stata: i migranti sono rimasti in mano ai militari per quasi una settimana.

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