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"Peppe 'o Guaglione" preso in spiaggia

L'ultimo padrino della camorra arrestato mentre faceva il bagno a Torvajanica. Il Viminale l'aveva inserito fra i cento superlatitanti più pericolosi d'Italia

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Come molti italiani in questi giorni di mezz'agosto, «Peppe 'o Guaglione» era in vacanza con la famiglia. Aveva affittato una casetta a Torvajanica. Una villeggiatura interrotta bruscamente ieri dagli agenti romani e napoletani, che l'hanno arrestato mentre era sulla spiaggia in costume da bagno. Peppe era tra i latitanti più ricercati d'Italia, inserito dal Viminale nell'elenco dei cento «superwanted» più pericolosi. Il suo vero nome è Giuseppe Ammendola. Gli investigatori erano sulle sue tracce dal maggio 2012, dopo che nei suoi confronti erano state emesse due ordinanze di custodia cautelare in carcere. Una emessa nel 2012, l'altra nel gennaio 2014, rispettivamente per estorsione aggravata ai danni di una nota famiglia di commercianti di abbigliamento, i Vinciguerra, con esercizi nella zona del Ponte di Casanova, e per le accuse di associazione mafiosa e riciclaggio. Ammendola è stato condannato in primo grado a 13 anni e 8 mesi di reclusione per la prima vicenda e a 14 anni per la seconda. È considerato il «reggente» del clan camorristico Contini-Licciardi, che a Napoli fa il bello e cattivo tempo dopo essersi conquistato la piazza a colpi di pistola. «'O Guaglione» si è arreso agli uomini dello Servizio centrale operativo (Sco) di Renato Cortese, a quelli della Mobile partenopea di Fausto Lamparelli e della Mobile capitolina diretta da Luigi Silipo senza opporre resistenza. Non era armato e, al termine della perquisizione dell'appartamento di Torvajanica, non sono state trovate armi. Secondo gli inquirenti, era diventato il reggente del clan della camorra radicato nel rione Vasto e in alcune zone centrali della città e associato con le famiglie Licciardi e Mallardo (ras di Giugliano) nel cartello della cosiddetta «Alleanza di Secondigliano». Un sodalizio che, pur salvaguardando l'autonomia delle singole famiglie nelle rispettive aree di controllo, condivide scelte strategico-criminali per consolidare la propria egemonia in buona parte del territorio urbano di Napoli e perfino nei quartieri «bene» del Vomero e di Posillipo. Il gruppo, uno dei più articolati e potenti della camorra campana, aveva così assoggettato buona parte delle altre organizzazioni malavitose, costrette ad accettare la supremazia del «cartello» o destinate a subire l'aggresione a mano armata dei rivali. Edoardo Contini ha capeggiato il suo clan fino all'arresto, avvenuto il 15 dicembre 2007 con l'accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso dopo un lungo periodo di latitanza e si trova attualmente in cella in regime speciale. Il boss aveva una particolare attenzione per le operazioni di tipo economico-finanziario e le attività imprenditoriali. Lui e i suoi sodali avrebbero gestito molte delle attività illecite nelle zone di Vasto, Arenaccia, Ferrovia, San Carlo all'Arena, Borgo Sant'Antonio Abate e Poggioreale, allungando i loro tentacoli anche sul centro storico. Nel gennaio del 2014 il Gip di Napoli emesse un'ordinanza cautelare nei riguardi di 90 persone ritenute membri dell'organizzazione. A raccogliere l'«eredità» di Contini fu Patrizio Bosti, suo cognato, anche per conto della moglie Rita Aieta e del figlio Ettore, ambedue destinatari del provvedimento emesso dal giudice per le indagini preliminari l'anno scorso. Ma sei mesi dopo anche Bosti finì in manette in Spagna. Non solo. Sempre nella penisola iberica (evidentemente terra prediletta dai camorristi), nel gennaio 2010 fu arrestato il boss Paolo Di Mauro. Così toccò a «Peppe 'o Guaglione» subentrare prima e dopo la sua lunga latitanza. Oltre ad avere in gestione la zona di Borgo Sant'Antonio, nota per traffici illegali di capi d'abbigliamento contraffatti, Ammendola (in base agli accertamenti investigativi) avrebbe curato le strategie della gang, stabilendo accordi con altre organizzazioni camorristiche e cercando di scongiurare che venisse versato sangue in città. Ora il clan dovrà nominare un nuovo «reggente».

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