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Ciancimino Jr: "Berlusconi vittima della Mafia"

Ciancimino

Le surreali conversazioni del superteste della Trattativa con l'incredito inviato di Anno Zero

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«Silvio Berlusconi? È una vittima della mafia». Ma non tutti ne sono convinti. È il 10 maggio del 2010. Massimo Ciancimino è a Roma per presentare il libro su suo padre, "Don Vito", scritto a quattro mani con uno dei migliori giornalisti di cose di mafia, Francesco La Licata de la Stampa. Inaspettatamente afferma: «Mio padre mi disse che Silvio Berlusconi è la più grossa vittima della mafia». Una frase che fa il giro del Paese in un lampo, e lascia basiti quelli convinti che se Berlusconi non è proprio un mafioso, di certo non ha la mafia contro. Passa solo un giorno, e il 12 maggio, come riportato nelle centinaia di pagine d'intercettazioni telefoniche segrete e lette da Il Tempo dopo esser state captate dalla Dia di Caltanissetta sulle utenze di Ciancimino, il figlio di don Vito è al telefono con Sandro Ruotolo, il fedelissimo di Michele Santoro.     SPIEGA BENE IL CAV «Senti - afferma il giornalista - poi devi spiegare bene sta cosa di Berlusconi». Ciancimino non ha ancora capito che il suo interlocutore non è convinto di quanto ha affermato il giorno prima, e risponde: «Cacchio, tutto lì è il bello della trasmissione, è tutto lì». Ruotolo allora interviene rammentandogli che il pentito Francesco Di Carlo ha raccontato ai magistrati di aver incontrato negli anni '70, insieme a Stefano Bontade, sia Silvio Berlusconi che Marcello Dell'Utri: «Però, perdonami, secondo Di Carlo, ad Arcore Bontade e gli altri che incontrano…», ma Ciancimino obietta: «Ma non sono mafiosi nel 1970». Il giornalista non è molto d'accordo: «Ma tu che ne sai se è una società segreta…e il vincolo…». Ciancimino tentenna ma insiste: «Ah, no, quello no, ovviamente, questo è mio padre, quello che dice lui e le informazioni che ha lui. Mio padre ha le informazioni chiare, tant'è che lui scrive le lettere dal carcere nel 2004, perché il Dell'Utri lo tiene per le palle, stop». Ma Rutolo non si fa persuaso: «Ma come fai a dire che lui è vittima?», e Ciancimino torna a spiegare che lui ha solo riferito le parole di don Vito: «Ma è quello che mi dice mio padre, nel novantotto. Quelle che sono sue informazioni».     CATTIVE FREQUENTAZIONI Ruotolo, a questo punto, cambia direzione e tenta di convincerlo ricordando il passato di Berlusconi: «Eh, ma però, sai...gli investimenti in Milano due». E Massimino ripete ancora: «Ma sì, esatto, è in un periodo in cui non erano mafiosi». Il giornalista insiste e rammenta all'interlocutore il ruolo dello stalliere di Arcore: «Ma c'è Mangano che sta a casa sua, e che non è mafioso». Ciancimino tentenna di più e azzarda una spiegazione: «Quello che dico io, è accerchiato da 'sta gente, ne condiziona tutte le scelte, non ultima, quella di scendere in politica». Ma a Ruotolo non basta, e gli ricorda di quando il Cavaliere, invece di denunciare gli attentati dinamitardi subiti anche da Fininvest, scherza al telefono con Dell'Utri: «Eh, ma si mette a scherzare a telefono con Marcello (Dell'Utri, ndr) quando, cioè, subiscono l'attentato, e lui invece di rivolgersi alla polizia». Ciancimino ne approfitta per confermare la sua tesi: «Eh, appunto, perché ormai è sicuro, perché ormai è entrato in questo sistema (…) non ne può uscire», fino a che il giornalista conclude: «Ho capito, ma ne è consapevole di stare in mano alla mafia», trovando, stavolta, la conferma di Ciancimino: «Certo che ne è consapevole, è una vittima consapevole».     DA SPATUZZA A NOEMI Nelle 184mila intercettazioni telefoniche dell'inchiesta per calunnia di Ciancimino a Gianni De Gennaro, il nome di Berlusconi compare molte altre volte. Il 29 novembre 2009, ad esempio, Massimino è al telefono con La Licata, al quale spiega che lui non ha mai parlato di Berlusconi e Dell'Utri fino a quando gli inquirenti non gli hanno trovato un lettera del padre destinata al Cavaliere e all'allora senatore: «Non ti scordare di commentare - dice Ciancimino a La Licata - che io, a differenza di Spatuzza (il pentito di mafia che ha tirato più volte in ballo Berlusconi, ndr) non ho mai fatto accenni a Berlusconi. Anzi tutte le volte dicevo «no, no, no». Di questi argomenti non ne volevo parlare, se non era per loro che mi trovavano questa lettera…e nonostante tutto ho detto una serie di cazzate…», confessa Ciancimino. Il 25 maggio 2009 Ciancimino parla al telefono con un giornalista del Telegiornale di Sicilia. I due scherzano, finché il discorso si sposta su Noemi, la giovane ragazza a cui Silvio Berlusconi fece visita per la festa di compleanno. Ciancimino e l'interlocutore insinuano: «Ma ancora non si capisce chi è lei? È uguale, l'avete vista?», afferma Ciancimino, e il giornalista chiede: «Uguale a chi? È figlia di Berlusconi?». Ciancimino conferma: «Non…la mano sul fuoco…è uguale alle figlie di Berlusconi, alle altre», finché l'interlocutore si fa convinto: «Sì, secondo me "ci fu cosa"…», cioè è possibile che sia sua figlia. Di Berlusconi, il figlio di don Vito parla a raffica. Con Ruotolo anche l'8 ottobre 2009.     IL LODO ALFANO Gli investigatori di Caltanissetta riassumono così la conversazione: «Massimo chiede al giornalista se vogliono fargli una domanda sul lodo Alfano. Egli cerca di paragonare la sua vicenda a quella di Berlusconi (…). I due ridono. Massimo, ironicamente, afferma che prenderà dieci anni per calunnia. Lo stesso, sempre ironicamente, parla del film Nikita. Ruotolo gli consiglia di vedere il Caimano», il film di Nanni Moretti su Berlusconi, mafioso ad ogni costo. 2/ continua

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