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De Falco insiste: vessato per quel «salga a bordo, c...»

Senato - Audizione del capitano Gregorio De Falco

Da eroe a vittima di se stesso. La parabola del comandante della Capitaneria di Livorno

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«La disapprovazione plateale di un mio superiore era avvenuta già la notte della Concordia, e quello fu solo l'inizio». E ancora: «Essere pagato per nulla non mi va». «Contro di me vessazioni, sono pronto a lasciare». Eccolo Gregorio De Falco, Comandante della Capitaneria di Livorno, protagonista della notte della Concordia quando intimò a Schettino di tornare a bordo. La sua triste parabola, da «eroe» a vittima di se stesso, è continuata anche ieri in audizione al Senato. Era cominciata con i sospetti sul trasferimento, dopo la celebre frase «Torni a bordo cazzo!» intimata la notte del 13 gennaio 2012 al comandante Schettino mentre la bella nave da crociera affondava dopo aver urtato uno scoglio durante l'«inchino» all'isola del Giglio. Ed è continuata in commissione Lavori Pubblici, sul trasferimento a capo dell'Ufficio studi, che per De Falco ha assunto la connotazione di «vessazione» e «demansionamento». E poco importa che l'ammiraglio ispettore capo Felicio Angrisano, comandante generale del Corpo delle capitanerie di porto, ascoltato dopo De Falco, abbia ricordato che «l'avvicendamento è fisiologico e ordinario. Gli incarichi non possono essere mantenuti sine-die» perché ha spiegato «l'amministrazione non può accordare ad un singolo ciò che nega ad altri». De Falco ha continuato per la sua strada. «Ricevere un incarico senza alcuna valenza dopo 20 anni di servizio, essere pagato per nulla non mi va» ha detto ancora. «Un cambio di incarico non mi fa piacere - ha spiegato De Falco - non è una questione personale. È accaduto qualcosa quella notte, c'è stato un certo fatto e dopo, alla fine di del fatto c'è stato questo provvedimento». Per l'ammiraglio Angrisano però Falco è stato sempre accontentato. «Ogni anno - ha detto - il personale redige delle schede di aspirazione che il comando valuta. De Falco manifesta e rafforza di anno in anno di permanere nella sede di Livorno anteponendo tale desiderio ad ogni altra aspirazione. E così è da 14 anni». De Falco, racconta l'ammiraglio Angrisano, manifestò l'interesse di diventare Capo ufficio studi a Livorno, «proprio l'incarico oggi assegnato», cui viene aggiunto anche il ruolo di «portavoce con i media e consigliere dell'ammiraglio di Livorno». Insomma, le «doglianze di De Falco» non hanno motivo di esistere, secondo Angrisano, perché «siamo di fronte alle ordinarie e fisiologiche dinamiche del corpo». Poi, sferra l'attacco: «Ho avuto due contatti con lui, non sono emerse particolari esigenze. Poteva rivolgersi a noi invece che agli organi di informazione. L'amministrazione - sottolinea - non può essere prigioniera della notorietà di un singolo o dalla deprecabile personalizzazione dei compiti». Di tutt'altro avviso i legali di De Falco. La questione delle schede di aspirazione è «di pura forma perché indicare il contrario vorrebbe dire creare un contrasto del tipo "qui non mi trovo bene" hanno ribattuto all'ammiraglio Angrisano. Insomma il trasferimento «non l'ha mai chiesto», «il capitano De Falco ha sempre eseguito gli ordini» e, conclude un legale «l'ammiraglio Angrisano dovrebbe spiegare quali sono le cause di servizio che hanno portato al cambio di incarico».

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