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La Lazio, non decolla: solo un pari contro l'Empoli

Finisce 3-3, di Milinkovic (2) e Immobile le reti della squadra di Sarri. Ciro sbaglia un rigore

Luigi Salomone
Luigi Salomone

Giornalista per passione, Lazio, pollo arrosto con tante patate al forno, tradizione Roma Nord Ponte Milvio, Gesù e Maria al Fleming

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La Lazio trova più carbone che dolci nella sua calza. Nel giorno della Befana un'altra occasione gettata al vento per dare una svolta a una stagione fin qui anonima. Contro l'Empoli ben messo in campo da Andreazzoli (cori dallo stadio che non ha dimenticato la sua presenza il 26 maggio del 2013, nel derby di Coppa Italia firmato da Lulic), esce fuori un pirotecnico 3-3. Per colpa delle solite amnesie difensive della banda Sarri, ma anche di un giovane arbitro inadeguato per fischiare all'Olimpico, Giuia di Olbia. Prima le note liete: tre gol segnati, uno dal solito Immobile (14 in campionato) e doppietta di un Milinkovic illegale, la Lazio che con 42 reti è il terzo attacco della serie A. Poi una capacità ormai conclamata di saper rimontare prima da 0-2 dopo l'avvio horror griffato da un dubbio rigore di Bajrami e dal sigillo di Zurkowski, poi sul 2-3 di Di Francesco con l'assalto finale nel recupero certificato dalla capocciata di Sergej. 
</DC><DC>Da applausi i quasi 25.000 spettatori che hanno fatto sentire meno sola la squadra. L'attacco convince anche perchè, nonostante il pomeriggio anonimo di Pedro, a parte i marcatori, Felipe Anderson e, nel finale Zaccagni, hanno fornito una buona prova. Più sottotono Luis Alberto ma grintoso come raramente si era visto nelle stagioni passate. Tutto qui, ora cominciano le note dolenti, tante. I fischi di una parte dello stadio ad Acerbi che lascia il campo dopo una ventina di minuti (entra Patric) per una ricaduta del problema muscolare accusato a Venezia prima della sosta e, più in generale, una fase difensiva da oratorio. 
</DC><DC>Ogni ripartenza dell'Empoli è stata un calvario, un potenziale pericolo. Una volta saltato il primo pressing biancoceleste (Cataldi svagato), c'è sempre una prateria per gli avversari e, con la sfida contro l'Inter di Simone Inzaghi all'orizzonte, bisogna trovare qualche correttivo per non peggiorare i 37 gol incassati in 20 partite (solo tre squadre finora hanno fatto peggio). Luiz Felipe ha sbagliato tanto (sulla terza rete ospite prende un tunnel da Marchizza, mica Messi), Acerbi è inadatto per questo modulo e ora è pure infortunato, Patric inadeguato, serve un intervento sul mercato per rinforzare un reparto che stavolta ha pagato anche il mancato aiuto dalle mezzali oltre che di Pedro e Felipe. 
Tant'è, nonostante numeri da partita che devi stravincere (possesso palla 62,6; 24 tiri a 11; angoli 9-2; una traversa; un gol annullato dopo 5 minuti di tira e molla; 3 check in area; un rigore sbagliato), ecco un altro pari interno beffardo dopo quelli con Cagliari e Udinese. Capitolo Giua: tante perle disseminate in una direzione piena di errori. Concede un rigore generoso sull'uscita insensata di Strakosha su Di Francesco, non vede un penalty su Immobile, poi è casuale che Ciro si rialzi e segni nella stessa azione, sbaglia valutazioni di situazioni facilmente leggibili. 
Nella ripresa dà il meglio: non vede un incrocio tra Zaccagni e Bandinelli (Banti non lo chiama al Var) sul 2-2, meritevole del penalty col metro usato, concede il 3-3 a Patric in mischia facendo esplodere l'Olimpico poi ci ripensa, va davanti alla tv e annulla il punto per un fallo di mano dello spagnolo sul rimpallo (roba mai vista), infine concede un rigore dubbio che Vicario para a Immobile per una gomitata fortuita di Luperto su Ciro. Può bastare? Come condizionare una bella partita che, nel complesso, la Lazio ha buttato via. 

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