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Mogol lancia il suo inedito pop: "Ecco la mia canzone per l'estate"

Carlo Antini
Carlo Antini

Parole e musica come ascisse e ordinate

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Una canzone pop per l’estate. Un brano inedito che Mogol regala ai fan. Si intitola «Un vero amore» ed è stata composta con Gianmarco Carroccia che la canterà per la prima volta dal vivo il 23 luglio al Teatro Romano di Ostia antica durante lo spettacolo «Emozioni, viaggio tra le canzoni di Mogol e Battisti - La mia vita in canzone». 
Maestro Mogol, è appena uscito il suo singolo per l’estate. Com’è nata l’idea di scriverlo insieme a Gianmarco Carroccia?
«Ci conosciamo da tempo. Era un allievo della mia scuola, il Cet. Ora stiamo collaborando anche nello spettacolo dal vivo. Lui ha scritto la musica e io il testo. È una canzone pop che trasmette felicità».

Di cosa parla il suo nuovo testo?
«È la storia di una persona che cerca il vero amore. Tra le righe emerge il tema della gelosia del passato che fa parte degli automatismi dell’amore. Non si parla molto di questo ma sono cose che succedono spesso».
Quanto c’è di autobiografico in questa canzone?
«I miei testi parlano sempre della vita perché è quello che conosciamo tutti. Mi piace dare forma a una fiction che metta in scena la realtà. Cerco di esprimere con le parole quello che dice la musica: malinconia o gioia a seconda dei casi. È la cosa più importante per trasmettere emozioni. E la gelosia è un sentimento naturale».
Il 23 luglio approderà al Teatro Romano di Ostia antica lo spettacolo «Emozioni, viaggio tra le canzoni di Mogol e Battisti - La mia vita in canzone». Proprio lì 3 anni fa avete registrato il sold-out. Qual è il segreto del vostro successo?
«È una collaborazione nata quasi per caso. Un giorno Carroccia mi invitò a vedere lo show sulla spiaggia di Sperlonga. C’erano tremila persone assiepate. Un grande successo. Da lì è nato tutto. Il pubblico è sempre coinvolto e canta. E a volte mi unisco anch’io. Il punto di forza è l’orchestra che suona gli arrangiamenti originali. C’è grande entusiasmo».
Lei cosa fa sul palco?
«Racconto la verità delle storie che sono alla base delle canzoni. I miei testi riflettono vicende personali. Provo a svelare i retroscena delle canzoni. Il pubblico in sala ci si riconosce e si diverte».
Quest’anno ricorrono i 50 anni de «I giardini di marzo». Che effetto le fa?
«Anche in quel caso si trattava della mia vita vera. Parla di Giulio bambino che chiede soldi a sua madre ma non può averli dopo il 21 del mese perché già finiti. Anche il vestito nero coi fiori rosa era proprio quello buono che indossava mia madre. E che conservò per anni nel suo armadio».
Quale aneddoto ricorda con più piacere del suo rapporto con Lucio Battisti?
«Lucio era un taciturno e anche un grande studioso. Ricordo che un giorno mi invitò a pranzo al mare vicino Roma. Non era uno sportivo e mi sorpresi molto quando lo vidi scendere dalla macchina con una tavola da windsurf. Si incamminò verso la spiaggia ed entrò in mare. Fino a che non lo vidi volare all’orizzonte su onde gigantesche. Aveva imparato tutto da solo».
 

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