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La benedizione di Papa Leone: "Basta guerre. Dall'Ucraina a Gaza una pace duratura, non una tregua"

Foto:  Ansa

Angela Bruni
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Leone XIV, nel primo messaggio di Natale, del pontificato si immedesima con gli ultimi, come Cristo a suo tempo. "Nel farsi uomo, Gesù assume su di sé la nostra fragilità, si immedesima con ognuno di noi: con chi non ha più nulla e ha perso tutto, come gli abitanti di Gaza; con chi è in preda alla fame e alla povertà, come il popolo yemenita; con chi è in fuga dalla propria terra per cercare un futuro altrove, come i tanti rifugiati e migranti che attraversano il Mediterraneo o percorrono il Continente americano; con chi ha perso il lavoro e con chi lo cerca, come tanti giovani che faticano a trovare un lavoro con chi è sfruttato, come i troppi lavoratori sottopagati", afferma dalla Loggia delle Benedizioni della basilica di San Pietro. Ad ascoltarla, in una Roma bagnata dalla pioggia, ventiseimila fedeli. Giunti da ogni parte del globo. E così, quando ripristina il saluto nelle diverse lingue del mondo, tanto caro a Giovanni Paolo II ma che Francesco aveva abbandonato, fioccano gli applausi. E, tra le molte lingue, non dimentica l'arabo e il cinese, attendere la mano a culture lontanissime dal sentire cristiano. Poi la Benedizione Urbi et Orbi, "alla città e al mondo". Ma prima, un viaggio nella memoria per ricordare le tante guerre, dell'Ucraina a Gaza, dal Sudan alla Cambogia, che devono finire. "Con una pace duratura, non con una tregua", ci tiene a sottolineare il Pontefice. Che venga come i fiori selvatici, all'improvviso, perché il campo ne ha bisogno: una pace selvatica", dice citando  Yehuda Amicha, poeta israeliano, ma cresciuto in Palestina.

 "In questo giorno santo - invoca Papa Leone - apriamo il nostro cuore ai fratelli e alle sorelle che sono nel bisogno e nel dolore. Così facendo lo apriamo al Bambino Gesù, che con le braccia aperte ci accoglie e dischiude a noi la sua divinità: a quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio'". "A giorni - annuncia - terminerà l'Anno giubilare. Si chiuderanno le Porte Sante, ma Cristo, nostra speranza, rimane sempre con noi! Egli è la Porta sempre aperta, che ci introduce nella vita divina. È il lieto annuncio di questo giorno: il Bambino che è nato,  è il Dio fatto uomo; egli non viene per condannare, ma per salvare; la sua non è un'apparizione fugace, Egli viene per restare e donare sé stesso. In Lui ogni ferita è risanata e ogni cuore trova riposo e pace. Il Natale del Signore è il Natale della pace". "Non lasciamoci vincere dall'indifferenza verso chi soffre, perché Dio non è indifferente alle nostre miserie", insiste. "Il Bambino Gesù ispiri quanti in America Latina hanno responsabilità politiche, perché, nel far fronte alle numerose sfide, sia dato spazio al dialogo per il bene comune e non alle preclusioni ideologiche e di parte. Al Principe della Pace domandiamo che illumini il Myanmar con la luce di un futuro di riconciliazione: ridoni speranza alle giovani generazioni, guida l'intero popolo birmano su sentieri di pace e accompagnamenti quanti vivono privi di dimora, di sicurezza o di fiducia nel domani. A Lui chiediamo che si restauri l'antica amicizia tra Thailandia e Cambogia e che le parti coinvolte continuino ad adoperarsi per la riconciliazione e la pace".
E prima della benedizione, nonostante la pioggia, Leone XIV non ha voluto rinunciare al giro in piazza San Pietro sulla Papamobile per raccogliere il caloroso abbraccio dei fedeli.

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