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Roma: rapimenti e torture per recuperare debiti di droga, 11 baby pusher indagati

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Redazione
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Tortura, sequestro di persona, tentata estorsione, porto abusivo di esplosivo e danneggiamento aggravato. Sono questi i gravi reati contestati a undici giovani, sei maggiorenni e cinque minorenni, raggiunti all'alba dalle misure cautelari eseguite dai carabinieri della compagnia di Roma Trastevere. I provvedimenti, emessi dal Gip del Tribunale di Roma Livio Sabatini e da quello per i minorenni su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, hanno portato i maggiorenni in carcere e i minorenni tra il carcere minorile e la comunità. Tutti gli indagati sono italiani e domiciliati nella Capitale. L'inchiesta, nata da un arresto in flagranza per droga avvenuto a marzo, ha consentito di ricostruire due episodi di tortura avvenuti a gennaio scorso. Secondo gli investigatori, alcune vittime sarebbero state prelevate dalle loro abitazioni e condotte in un garage della zona Massimina, dove sarebbero state immobilizzate, bendate e sottoposte a torture con pugni, schiaffi, colpi con spranghe e mazze, frustate. Nonchè minacciate con coltelli puntati alle cosce e getti di acqua bollente alternata a acqua fredda, con lesioni giudicate particolarmente gravi.

Le aggressioni, secondo quanto emerso, affonderebbero le radici in presunti debiti di droga e in dinamiche di gelosia. A rendere il quadro ancora più inquietante vi è il tentativo di estorsione documentato dai carabinieri, attraverso numerosi messaggi intimidatori. Una vittima sarebbe stata minacciata per costringerla a versare circa 37mila euro. "Ti faccio bucare le gambe, ah, brutto infame", "Stavolta ti buco tutte e due le gambe", "Non voglio soldi, te brucio tutto", "Te faccio magna' i vermi, te faccio sputà tutti i denti", era il tenore di alcuni messaggi che i torturatori inviavano alle giovani vittime che si rifiutavano di pagare i debiti di droga. Ma la gang di baby torturatori non si limitava solo alla violenza fisica. Erano anche abili nel piazzare ordigni rudimentali, come quello esploso il 30 giugno nel quartiere Primavalle, dove una bomba artigianale aveva provocato il cedimento parziale dell'androne di una palazzina Ater.

Le indagini hanno individuato il presunto mandante, che dal carcere di Viterbo impartiva direttive ai suoi sodali. I carabinieri hanno anche scoperto l'esecutore incaricato di collocare l'esplosivo. Secondo gli investigatori, il gruppo avrebbe agito con ruoli definiti, mostrando una struttura interna capace di orchestrare sequestri, pestaggi e perfino azioni dinamitarde, coinvolgendo anche minorenni. Le indagini, coordinate dai pm Carlo Villani e Carlo Morra, proseguono per individuare altre vittime.

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