Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Esplosione uccide carabinieri, chi sono i tre fratelli del casolare occupato: "Gesto volontario e premeditato"

Foto: Ansa

Ignazio Riccio
  • a
  • a
  • a

“Si tratta di un gesto volontario e premeditato”. Sono queste le parole utilizzate dal procuratore capo di Verona, Raffaele Tito, riferendosi alla tragica esplosione che, la notte tra il 13 e il 14 ottobre 2025, ha scosso Castel d’Azzano, nel Veronese. Tre carabinieri – Marco Piffari, luogotenente carica speciale, Davide Bernardello, carabiniere scelto, e Valerio Daprà, brigadiere capo qualifica speciale – hanno perso la vita durante un’operazione di sgombero di un casolare occupato dai fratelli Franco, Dino e Maria Luisa Ramponi. Altri undici tra militari, poliziotti e vigili del fuoco sono rimasti gravemente feriti.

La tragedia si è consumata in pochi secondi, ma la storia che ha portato a quell’evento è lunga e segnata da anni di conflitto, difficoltà economiche e diffidenza verso le istituzioni. I fratelli Ramponi erano noti alle autorità locali per i loro problemi finanziari e ipotecari. Nel 2014 avevano sottoscritto un mutuo garantito dall’ipoteca sulla loro casa e sui terreni circostanti, ma hanno sempre sostenuto di non aver mai firmato i documenti e che le loro firme fossero state contraffatte. Nonostante le loro contestazioni, la giustizia civile aveva confermato l’esproprio, e la sentenza di sgombero era diventata definitiva.

 

Il drammatico epilogo non è stato improvviso. Già nel 2024, i fratelli Ramponi avevano opposto resistenza all’arrivo dell’ufficiale giudiziario. In quell’occasione, avevano saturato l’interno del casolare con gas e minacciato di esplodere l’edificio pur di non lasciare la loro casa. Franco e Maria Luisa si erano arrampicati sul tetto, mentre la polizia, i carabinieri e i vigili del fuoco intervenivano con grande cautela per evitare il peggio. Solo grazie alla mediazione e all’intervento coordinato delle forze dell’ordine, la situazione si era risolta senza vittime.

Nei mesi successivi, i fratelli avevano più volte minacciato di ricorrere a misure estreme se fosse stato necessario lasciare l’abitazione, creando un clima di costante tensione nel quartiere. I vicini raccontano di aver sempre percepito la disperazione e il senso di ingiustizia dei Ramponi. Avrebbero vissuto senza corrente, senza gas, in condizioni simili a quelle di una grotta, temendo di perdere tutto ciò che possedevano.

Il 13 ottobre, le forze dell’ordine sono intervenute per eseguire un’ordinanza di liberazione emessa dal tribunale civile l’11 ottobre. L’operazione era stata preparata con attenzione: erano stati coinvolti mediatori, vigili del fuoco, polizia locale e carabinieri, consapevoli della resistenza che avrebbero potuto incontrare. Ma nulla ha potuto fermare l’atto estremo dei fratelli. Secondo le prime ricostruzioni, l’interno del casolare sarebbe stato riempito di bombole di gas e l’esplosione sarebbe stata innescata con una bottiglia molotov. Il crollo ha travolto i militari e gli agenti presenti, provocando la morte immediata di Piffari, Bernardello e Daprà.

Il procuratore Tito ha sottolineato che, pur trattandosi di un episodio pianificato, la violenza e l’intensità dell’esplosione hanno reso la dinamica difficile da prevedere. “Ho visto i carabinieri portati via dalle macerie – ha aggiunto – e mi ha colpito profondamente. Questa non è mafia, questa è una tragedia immane e imprevedibile”.

Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha espresso dolore e sgomento, definendo la vicenda “una tragedia senza precedenti” e sottolineando l’impegno delle forze dell’ordine nel tentativo di mediazione. Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ha proclamato tre giorni di lutto regionale. I cittadini e le comunità locali si sono stretti attorno alle famiglie dei carabinieri caduti, rendendo omaggio al loro sacrificio.

Franco, Dino e Maria Luisa erano agricoltori e allevatori con una lunga storia di difficoltà economiche. Oltre al mutuo contestato, i fratelli vivevano in una casa fatiscente, senza i servizi più elementari. Nonostante gli sforzi delle istituzioni per offrire soluzioni alternative, il rifiuto di abbandonare l’abitazione ha alimentato un conflitto che, purtroppo, si è concluso in tragedia. Questa vicenda mette in luce una realtà complessa: la disperazione economica può trasformarsi in resistenza estrema, e anche le operazioni più pianificate possono rivelarsi rischiose quando le persone si sentono intrappolate e senza vie d’uscita.

La morte dei tre carabinieri è una perdita immensa per l’Arma e per l’intera comunità. Castel d’Azzano piange, ma la tragedia invita anche a riflettere: occorrono strumenti di prevenzione più efficaci e interventi tempestivi in situazioni di disagio sociale ed economico, per evitare che la disperazione sfoci in violenza. Gli inquirenti continueranno le indagini per chiarire ogni dettaglio, ma il ricordo dei tre caduti rimarrà indelebile.

Dai blog