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Garlasco, il “sistema Pavia” e quel gruppo d'affari oltre l'omicidio Poggi

Foto: Lapresse

Rita Cavallaro
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Un grumo di potere che ha inquinato i gangli vitali della città, in quel meccanismo corruttivo che è il Sistema Pavia. Un gruppo d’affari che avrebbe manovrato le inchieste, al punto da gettare ombre sinistre anche sul delitto di Garlasco. Per gli inquirenti ci sarebbe molto di più in quell’indagine disseminata di errori e finita con la condanna in via definitiva, dopo una doppia assoluzione, per Alberto Stasi, ritenuto l’assassino di Chiara Poggi sebbene non ci siano prove della sua presenza sulla scena del crimine di via Pascoli in quel lontano 13 agosto 2007. Per la Procura di Pavia, invece, ce ne sono di Andrea Sempio, visto che sarebbe suo il Dna sotto le unghie della vittima e sempre sua l’impronta 33 sul muro delle scale della cantina, proprio nel punto in cui il cadavere fu gettato. E come in un sistema di scatole cinesi, la nuova inchiesta contro Sempio per omicidio in concorso con altre persone ha scoperchiato il vaso di Pandora sull’archiviazione lampo di Sempio, richiesta all’epoca dall’ex procuratore aggiunto Mario Venditti e disposta dal gip Fabio Lambertucci con altrettanta rapidità, visto che la decisione è arrivata in otto giorni, rispetto al minimo legale di 20.

 

 

Nei giorni scorsi una bomba giudiziaria ha colpito Venditti, indagato dalla Procura di Brescia per essersi fatto corrompere per archiviare Sempio e che proprio ieri si è dimesso dall’incarico di presidente del Casinò di Campione. Ad aprire all’ipotesi accusatoria un appunto scritto da Giuseppe Sempio a febbraio 2017 e sequestrato nelle perquisizioni del 14 maggio scorso: «Venditti Gip archivia X 20. 30. €». Gli accertamenti bancari hanno portato la Guardia di Finanza ad appurare che sui conti della famiglia era entrata una somma di 43mila euro dai parenti, svuotata poi in ritiri in contanti in quei mesi dell’inchiesta, al netto di una parcella da oltre 6mila euro pagata all’ex comandante del Ris Luciano Garofano per una consulenza mai depositata. Investigatori altamente qualificati, come i finanzieri del Gico (gruppo investigazione criminalità organizzata), ora seguono i soldi e cercano il corruttore.

 

 

Gli accertamenti bancari effettuati nei mesi scorsi nei confronti di Venditti, «hanno dato esito negativo, altrimenti lo avremmo trovato valorizzato nel decreto di perquisizione», ha spiegato l’avvocato Domenico Aiello, difensore dell’ex pm indagato per corruzione in atti giudiziari e perquisito lo scorso venerdì. E adesso per spingere la Procura a «scoprire le carte», visto che nell’atto si fa riferimento a bonifici, rapporti opachi e chat «dimenticate», l’avvocato Aiello farà ricorso al Riesame per vedere se ci sono altri elementi, non indicati nel decreto, su cui si regge l’accusa dei pm di Brescia.

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