WhatsApp, nuova funzione per "certificare" le chat con l'AI e scovare fake news
Meta al lavoro contro la disinformazione. Può sembrare un ossimoro, vista la sequela infinita di polemiche per le fake news promosse all'interno dei social network di Mark Zuckerberg a partire dalla loro apparizione. Eppure è proprio così: il colosso californiano dell'alta tecnologia sta sperimentando su WhatsApp una nuova funzione per arginare il fenomeno delle fake news. Si chiama “Ask Meta AI” e dovrà consentire agli utenti di verificare i messaggi ricevuti nelle chat. La novità è comparsa in un aggiornamento per dispositivi muniti di sistema Android, ma al momento è disponibile solo per un numero limitato di persone. Il rilascio, eventualmente, sarà graduale.
Per utilizzare "Ask Meta AI" - come spiegato anche dal Corriere della Sera - basterà tenere premuto sul contenuto da controllare e selezionare l’opzione dal menù a tendina. A quel punto, l’intelligenza artificiale risponderà a una domanda diretta dell’utente, indicando se il messaggio contiene o meno informazioni false. Con una precisazione essenziale: l’IA non avrà accesso alle conversazioni, ma sarà l’utente a istruirla, indicandogli i messaggi sui quali attivarla.
L’iniziativa punta a limitare la diffusione di fake news su WhatsApp, piattaforma già oggetto di misure restrittive negli anni scorsi, come il limite agli inoltri massivi. Restano però incognite sul metodo di verifica: al momento non è previsto il supporto di fact-checker o esperti umani. La mossa arriva dopo la decisione di Meta di ridimensionare i programmi di fact-checking esterni su Facebook e Instagram, fino a interromperli negli Stati Uniti. Una scelta che aveva suscitato polemiche: apprezzata da Donald Trump, considerata "vergognosa" dall'ex presidente Joe Biden.
L'Europa, invece, si sta muovendo su una strategia differente, che potrebbe essere definita ibrida. Il progetto si intitola AI4TRUST, è finanziato dall’Unione Europea, e combina algoritmi e verifiche giornalistiche. Due modi difformi di fronteggiare lo stesso problema: la disinformazione online.
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