Vaticano, la "casta" di Bergoglio: agli eventi di Leone XIV solo giornalisti selezionati
Chi scrive di Chiesa, Papa e Vaticano – i cosiddetti «vaticanisti» – per una testata giornalistica deve necessariamente, ma non obbligatoriamente, essere accreditato presso la sala stampa della Santa Sede. Questo importante istituto creato nei primi anni Cinquanta del secolo scorso per volontà dell’allora Sostituto alla Segreteria di Stato, Giovanni Battista Montini (il futuro Paolo VI), accoglie giornalisti di tutto il mondo e ad essi comunica quotidianamente l’attività del pontefice dando conto degli eventi a cui egli partecipa, le messe che celebra, i viaggi che effettua. A tutti i corrispondenti e redattori accreditati è stato per decenni permesso di partecipare, comunicando volta per volta la volontà propria e del quotidiano per cui scrive, a questi eventi cui presenzia il Sommo Pontefice per poterne scrivere e raccontarli.
Da qualche anno, però, non è più così. Esiste infatti un’associazione privata, anzi, una vera e propria cooperativa (per alcuni una sorta di sindacato dei vaticanisti), che sotto il pontificato di Francesco ha ottenuto l’appalto esclusivo per la partecipazione a determinati eventi papali, escludendo di fatto migliaia di altri cronisti regolarmente accreditati. Chi scrive è ovviamente un vaticanista accreditato in nome e per conto di questo giornale, ma non è iscritto al «sindacato bergogliano».
Non per proprio volere, ma perché rifiutato da questa entità privata il cui nome è AIGAV, cioè Associazione Internazionale dei Giornalisti Accreditati in Vaticano.
Il nome ambizioso farebbe pensare che chiunque svolga questo mestiere con regolare accreditamento possa esservi ammesso, ma così non è.
Su oltre duemila giornalisti internazionali accolti dalla sala stampa (nel periodo del Conclave si è arrivati ad oltre quattromila unità comprendendo anche le richieste temporanee) gli iscritti alla «Coop bergogliana» sono solo 250, scelti personalmente dai vertici dell’associazione il cui presidente è la giornalista messicana (amica e biografa di Bergoglio, ovviamente) Valentina Alazraki.
È lei, coadiuvata da un direttivo simil Pravda, a decidere chi ammettere e chi no tra i vaticanisti di tutto il mondo.
Per l’Italia, ci sono i colleghi de La Repubblica, de Il Fatto e altri di dichiarata fede progressista. Molti però non sanno, e anche altissimi prelati ne sono all’oscuro, che da qualche anno quest’associazione privata fa il bello e il cattivo tempo in sala stampa e solo i componenti di questa vera e propria «setta» hanno il diritto di partecipare a determinati eventi cui presenzia il pontefice. Eventi privati e pubblici, taluni molto significativi, ma la cui porta è sbattuta in faccia a migliaia di altri giornalisti. Come il primo incontro di Leone XIV con tutti i cronisti convenuti a Roma per il Conclave, a cui furono ammessi alla prima fila (separati da una transenna dagli altri) e al baciamano solo una manciata di eletti, ovviamente membri dell’Aigav. O la messa nei giardini di Castel Gandolfo alla presenza del presidente ucraino Volodymyr Zelenzky a cui hanno potuto partecipare solo cinque giornalisti selezionati. Esclusivamente associati Aigav, ci mancherebbe.
Tutto ciò avviene senza che né il portavoce della sala stampa, Matteo Bruni, né il prefetto del Dicastero per la Comunicazione, Paolo Ruffini, battano ciglio.
Ecco, ora che Leone si è assestato saldamente alla guida della Barca di Pietro, non sarebbe il caso che prendesse finalmente in mano anche lo scottante fascicolo «comunicazione vaticana»?
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