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Sevizio militare, Tricarico dice no all'obbligo: pensare all'inserimento di extracomunitari

Leonardo Tricarico
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Non sono ben chiari i motivi per cui, a intervalli regolari, venga evocatala possibilità di riattivare il servizio di leva, sospeso per legge una ventina di anni fa. E soprattutto non sono chiari i motivi per cui si insista sull’argomento quando molti, a iniziare dal ministro Crosetto, abbiano spiegato chiaramente quali siano i motivi, concettuali prima che tecnici, per cui l’idea di riattivare il servizio militare obbligatorio sia da abbandonare definitivamente. Spendere quindi ulteriori parole è da un certo punto di vista utile, se questo può contribuire a mettere in campo ulteriori argomentazioni oltre a quelle del ministro, che già di per se stesse dovrebbero essere la pietra tombale del dibattito.

 

Intanto va premesso che le strutture per l’arruolamento obbligatorio sono tutte dismesse e che le stesse andrebbero letteralmente riprogrammate, incluso il knowhow e la professionalizzazione del personale addetto. Inoltre, e questo dovrebbe essere l’argomento derimente, la dottrina di impiego dello strumento militare occidentale non prevede l’utilizzo dei soldati come carne da cannone, come materiale umano a perdere.

Il soldato così come lo intendiamo noi è personale pregiato, aggiornato con le nuove tecnologie, associato normalmente a un sistema d’arma sicuro anche sotto il profilo della sopravvivenza. Non c’è quindi posto per soldati arruolati e inviati al fronte con i soli rudimenti professionali. Semmai, considerato che è ormai indilazionabile una revisione profonda e vasta del modello di difesa nazionale, andrà considerata con attenzione anche e soprattutto la questione del personale, anche perché la vocazione per il mestiere delle armi sta subendo in questi ultimi tempi una flessione preoccupante. Scartata quindi l’obbligatorietà del servizio, andranno concepite e attuate forme di accesso a forze di riserva simili a quelle israeliane tanto per intenderci, in maniera certamente meno invasiva ma ugualmente efficiente. Inoltre, prima o poi andrà considerato l’accesso alle forze armate di cittadini extracomunitari.

 

È ragionevole pensare che l’affievolimento delle motivazioni che nel settore sta penetrando le prospettive occupazionali dei nostri giovani non valga per una gioventù più fresca, in via di integrazione nella nostra società. Si tratta di una questione da valutare con grande prudenza e attenzione, ma il tentativo va fatto. Non solo per rimpinguare gli organici in crescente sofferenza, quanto per disporre nelle nostre forze armate di quegli strumenti culturali etnici, sociali, religiosi con i quali poi rapportarsi nelle numerose missioni internazionali in cui continueremo a essere impegnati. Senza contare, da ultimo, gli aspetti economici; che nel caso del ritorno del servizio militare obbligatorio farebbero lievitare non di poco le esigenze di bilancio (in un momento in cui non ce lo possiamo permettere) avendo come ritorno una pesante palla al piede alle capacità complessive delle Forze Armate.

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