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Assalto russo all'Europa, Putin confisca altre 21 aziende: iI caso Ariston

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Andrea Riccardi
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Una risposta ad «atti ostili». L’ambasciatore russo in Italia Alexey Paramonov ha così motivato il decreto con cui Vladimir Putin lo scorso 26 aprile ha disposto la nazionalizzazione della filiale in Russia di Ariston Thermo Group con passaggio sotto il controllo della statale Gazprom Household Systems. Una posizione che Paramonov ha espresso in occasione della convocazione alla Farnesina disposta dal ministro Antonio Tajani. A ricevere il diplomatico di Mosca è stato il segretario generale del ministero degli Esteri, Riccardo Guariglia che ha espresso il «forte disappunto» del governo «per tale provvedimento», chiedendo chiarimenti sulle sue motivazioni che «non trovano fondamento nel diritto, tanto più considerando che esso è stato adottato nei confronti di un’impresa che ha uno storico radicamento nel Paese e che non ha alcuna connessione con l’attuale situazione di crisi internazionale».

 

Paramonov ha spiegato che Mosca procederà in questo modo nei confronti delle aziende degli Stati che hanno adottato sanzioni contro la Russia a seguito della guerra in Ucraina. Il provvedimento ha colpito anche un’azienda tedesca e sono oltre ventuno le aziende per le quali sono già state avviate misure analoghe da parte del Cremlino. Guariglia ha quindi espresso l’auspicio che «la Russia possa riconsiderare» la misura anche alla luce del suo carattere temporaneo, ricordando anche la dura presa di posizione dell’Unione europea sul «mancato rispetto» da parte di Mosca «del diritto internazionale», nel momento in cui ha adottato il provvedimento. Tajani «si riserva di approfondire le conseguenze della decisione russa insieme ai partner del G7 e dell’Ue e di valutare una risposta appropriata».

Un monito che non è sembrato scalfire la determinazione russa. Paramonov ha replicato, secondo il resoconto dell’ambasciata russa fornendo «spiegazioni esaustive» sulla «legalità e la giustificazione delle decisioni prese». Passi, ha continuato, «intrapresi in risposta ad atti ostili e contrari al diritto internazionale degli Stati Uniti e dei suoi Stati stranieri affiliati finalizzati a privare illegalmente la Russia, i suoi legali e gli individui del diritto a proprietà situate nel territorio di quei paesi». Sono le autorità italiane, ha incalzato Paramonov, a doversi sentire responsabili per le «conseguenze negative» derivante dalla «distruzione» dei «fruttuosi rapporti commerciali ed economici» un tempo esistenti tra Mosca e Roma. Sulla vicenda il ministro delle Imprese e del made Italy, Adolfo Urso, ha telefonato al presidente di Ariston Group Paolo Merloni e all’ad Maurizio Brusadelli, per spiegare le azioni intraprese dal governo insieme a Bruxelles sulla messa a punto di nuovi strumenti, nell’ambito del quadro sanzionatorio comunitario, volti a tutelare le imprese italiane ed europee interessate da analoghi «atti di ritorsione». Un’aggressione economica, quella russa, collocata nel più ampio quadro della guerra in Ucraina, che ha progressivamente portato l’Occidente a tagliare ogni legame, politico e commerciale, con Mosca.

Ma per Kiev l’aspetto cruciale in un conflitto che la vede svantaggiata da un punto di vista militare continua a essere quello della fornitura delle armi. Il presidente Volodymyr Zelensky lo ha ribadito dopo aver incontrato nella capitale ucraina il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. Sul «supporto tempestivo al nostro esercito», si è lamentato Zelensky, «a oggi non vedo ancora nulla di positivo». Le forniture, ha continuato, «sono iniziate ma questo processo deve essere accelerato», anche perché la Russia «sta approfittando di una situazione in cui stiamo aspettando i rifornimenti dei nostri partner», preparando «nuovi azioni offensive».

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