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Palazzo di Londra, i legali dell'affaire Sloane Avenue progettano una class action

Filippo Caleri
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C’è un tempo per ogni cosa, recita l’Ecclesiaste. Un tempo per subire e un tempo per passare al contrattacco. Ed è probabilmente sulla base di questo verso biblico che gli avvocati delle persone rimaste coinvolte nello scandalo della vendita del palazzo di Sloane Avenue a Londra stanno per passare all’azione. Tra questi, ma non solo, il finanziere Raffaele Mincione, ma anche broker Gianluigi Torzi, e pare anche l’architetto Luciano Capaldo, consulente della segreteria della Santa Sede, insieme a Fabrizio Tirabassi. Nomi entrati nella tela del grande processo iniziato Oltretevere sugli investimenti finanziari del Cupolone. Tutti, dicono i resoconti, pescati nella rete di Striano e che, per una singolare coincidenza, da perfetti sconosciuti, qualche giorno dopo l’avvio delle segnalazioni delle operazioni sospette, sono diventati personaggi di rilievo nel calderone giudiziario dello scandalo: tirati in ballo, messi sul banco degli imputati, esposti agli attacchi mediatici e condannati con diverse modalità. Ora però dopo il tempo della gogna sarebbe giunto quello della richiesta della verità.

 

 

Da quanto trapela dai corridoi delle aule di giustizia, dai contatti e dalle conversazioni ascoltate da Il Tempo, i legali si stanno consultando congiuntamente sul da farsi. E una linea difensiva comune sarebbe stata già tracciata. Una sorta di class action complessiva, composta però da atti ed esposti singoli, sulla falsariga di quanto già avviato da Cecilia Marogna, la cosiddetta «Lady Vaticano». Tutti sono pronti a chiedere le stesse spiegazioni agli organi inquirenti. Il tribunale di Perugia in primis ma anche quello di Roma se gli avvocati trovassero appigli legali. La richiesta è quella di accertare se siano fondate le singolari coincidenze temporali tra le Sos e l’avvio delle inchieste a loro carico.

 

 

Non è nemmeno escluso, anzi altamente probabile, che se fosse ravvisato dai magistrati una collegamento, le stesse parti siano pronte a presentarsi in giudizio come parte offesa. Una richiesta che porta con sé anche un chiarimento su un punto controverso dell’inchiesta vaticana. Quei 120 messaggi scambiati tra il procuratore generale della Santa Sede, Diddi, con altri personaggi coinvolti nell’affaire del palazzo di Londra. Sms e chat secretate dallo stesso magistrato. E per le ora quali si chiede la massima trasparenza.

 

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