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Dossieraggio, gli allarmi inascoltati dei pm. “Era tutto previsto, nessuno si è mosso”

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Il caso dossieraggio si fa ogni giorno più ricco di dettagli. L’ultimo è stato raccontato su La Repubblica da Giuliano Foschini e Fabio Tonacci che descrivono gli allarmi, rimasti inascoltati, dei tre principali procuratori italiani – Greco, Pignatone e Melillo – sui rischi di un elevato accentramento di prerogative nella Direziona nazionale antimafia. “Sorrido perché tutto ciò che oggi sta accadendo era ampiamente previsto e prevedibile, seppur non in queste proporzioni. Ma nessuno ha mosso un dito. Sono gli stessi che oggi gridano allo scandalo. Non sarà che avevano interesse a sfruttare questa situazione?” è la dichiarazione di un non precisato magistrato antimafia, raggiunto al telefono dai colleghi del quotidiano romano. 

 

 

“È la stessa politica che ha snobbato gli allarmi lanciati negli anni scorsi dalle più importanti procure d’Italia – dicono i giornalisti spiegando i rischi paventati dai procuratori – prima fra tutte quella di essere il terminale della marea di Segnalazioni di operazioni sospette (155 mila nel 2022) provenienti da banche e operatori finanziari, senza prima dotarsi di sistemi di controllo, protocolli di accesso ai database e, non ultimo, le competenze necessarie per gestire le informazioni più sensibili dei cittadini italiani”. Una centralizzazione delle Sos che, secondo il racconto dei giornalisti, sin dal 2018 si è prestata a “possibili storture”; l’unico grande ufficio dove fino a pochi mesi fa lavorava il finanziere finito sotto inchiesta, Pasquale Striano, che sarebbe dovuto essere strettamente vigilato. Ma così non è stato. 

 

 

E per capire il perché si deve necessariamente partire dal 2017, anno in cui il Parlamento approva il decreto legislativo che riscrive la normativa antiriciclaggio. Al comma 8 dell’articolo 1 viene stabilita la centralità della Direzione nazionale antimafia nella ricezione dei dati delle segnalazioni di operazioni sospette. Ecco le Sos, documenti cruciali per gli investigatori perché certificano passaggi di denaro tracciabili. E ricorrenti soprattutto per i politici, che in qualità di personaggi politicamente esposti ne sono sottoposti costantemente. Che le segnalazioni siano da gestire con attenzione lo hanno detto chiaramente, a più riprese, i principali procuratori italiani: Francesco Greco, Giuseppe Pignatone e Giovanni Melillo. I tre davanti ai parlamentari non avevano nascosto la perplessità sul sistema che si stava mettendo su. Ma il loro allarme è stato lasciato cadere nel vuoto, nonostante alcuni scontri dai tratti anche drammatici: il primo tra i procuratori e l’allora ministro Alfonso Bonafede che aveva finito per confermare la centralizzazione delle Sos alla Direzione nazionale antimafia. Il secondo tra la procura di Milano e la Dna quando Greco aveva scoperto l’informativa sui movimenti finanziari della Lega che secondo lui esulava dalle competenze dell’Antimafia.

 

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