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Ilaria Salis, nelle carceri italiane situazioni anche peggiori

Dario Martini
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Le condizioni in cui Ilaria Salis è detenuta da quasi un anno in Ungheria non sono sicuramente degne di un Paese civile. Come ha denunciato il padre, è rimasta un mese senza sapone e senza vestiti da cambiare, in una cella con topi e cimici, per giorni senza carta igienica, assorbenti e neanche un fon per asciugarsi i capelli. Una descrizione di un carcere a dir poco fatiscente in cui non vengono rispettati i principi sanitari basilari. La sinistra ha subito gridato allo scandalo incolpando il governo di non fare abbastanza per riportarla in Italia. Ma siamo sicuri che i penitenziari del nostro Paese siano così all’avanguardia e godano di condizioni nettamente migliori? Basta leggere l’ultimo rapporto di Antigone, storica associazione che si interessa dei diritti dei detenuti, per trovarci di fronte una realtà molto poco edificante. Il dossier, pubblicato nel dicembre scorso, ha un titolo che è già un programma: «Carceri fatiscenti, sovraffollamento e condizioni degradate di vita per detenuti e personale, la fotografia che ci lascia il 2023». Partiamo dalla piaga del sovraffollamento.

 

 

Oggi i detenuti «sono circa 60mila, oltre diecimila in più dei posti realmente disponibili, con un tasso di sovraffollamento ufficiale del 117,2%, con una crescita nell’ultimo trimestre (da settembre a novembre) di 1.688 unità». Inoltre, a fronte di questo valore medio, «in Puglia siamo ormai al 153,7% (4.475 detenuti in 2.912 posti), in Lombardia al 142% (8.733 in 6.152 posti) e in Veneto al 133,6% (2.602 in 1.947)». L’associazione stima che «andando avanti di questo passo, tra dodici mesi, l’Italia sarà nuovamente ai livelli di sovraffollamento che costarono la condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo per violazione dell’articolo 3». Ma andiamo nello specifico, con alcuni dati forniti sempre da Antigone: tra le 76 carceri italiane visionate dall’associazione nel corso dell’ultimo anno, 25 istituti, pari al 33%, avevano celle in cui non erano garantiti i 3 metri quadrati calpestabili per detenuto. Il 31,4% delle carceri è stato costruito prima del 1950, la maggior parte addirittura prima del 1900. Nel 10,5% dei casi non tutte le celle erano riscaldate. Nel 60,5% l’acqua calda non era garantita per tutto il giorno e in ogni periodo dell’anno. «Nel 53,9% degli istituti visitati c’erano celle senza doccia. Nel 25% non c’era una palestra funzionante».

 

 

Ritornando al tema del sovraffollamento, occorre ricordare che il problema è stato sottolineato più volte anche dal ministro della Giustizia Carlo Nordio. Tra l’altro a gennaio si sono verificati già 13 suicidi, quasi uno ogni due giorni, praticamente un record in negativo, che si aggiungono ai 66 del 2023, agli 84 del 2022, ai 58 del 2021 e ai 61 del 2020. Una delle soluzioni, che però ha dei tempi fisiologici per essere attuata, è riadattare le caserme dismesse, come proposto proprio dal Guardasigilli. Nordio ha ricordato che «lo Stato non abbandona nessuno». Purtroppo, ha aggiunto, «il suicidio in carcere è un fardello di dolore che affligge tutti i Paesi al mondo». Perché costruire nuove carceri «è costoso è difficile. Usare strutture perfettamente compatibili con la sicurezza in carcere, con i muri di cinta, con le garitte e gli ampi spazi di queste caserme è la soluzione su cui bisogna iniziare a lavorare, e ci stiamo lavorando con risultati che spero saranno abbastanza prossimi», diceva qualche mese fa. Inoltre, rileva Antigone, «il numero di ricorsi da parte di persone che lamentavano di essere state detenute in condizioni che violano l’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, e che vengono accolti dai tribunali di sorveglianza italiani, è in costante aumento dalla fine della pandemia. Sono stati 3.382 nel 2020, 4.212 nel 2021 e 4.514 nel 2022. Ma lo spazio diminuisce anche in termini assoluti dato che, a seguito di una circolare del 2022, sono sempre di più i reparti detentivi in cui si applica un regime a celle chiuse e dunque durante il giorno i detenuti restano chiusi nelle proprie celle».

 

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