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Incendio all'ospedale di Tivoli, tragedia annunciata

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Antonio Sbraga
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Una tragedia annunciata - e probabilmente eludibile - quella di ieri all’ospedale San Giovanni Evangelista di Tivoli, a due passi da Roma, dove un incendio ha causato la morte di tre persone. Il nososcomio, scriveva due anni fa la competente l’Asl Roma 5 «presenta problemi di compartimentazione antincendio legato agli interventi di ampliamento dei fabbricati». Poi, nell’ottobre del 2021, l’azienda sanitaria tiburtina ha deliberato una «procedura negoziata per l’affidamento dei lavori di manutenzione straordinaria per l’adeguamento e messa a norma antincendio dell’ospedale di Tivoli». Quasi un milione di euro (747mila per gli edifici e 200mila per gli impianti) di lavori che però, stando almeno a quanto rivelano ora alcuni dipendenti a patto dell’anonimato, non sarebbero stati ancora completati. Il Tempo ha provato a chiedere conferma al direttore generale dell’Asl, Giorgio Giulio Santonocito, che però ieri non ha voluto rilasciare dichiarazioni sull’adeguamento e messa a norma del sistema antincendio del nosocomio tiburtino. Di cui si parla almeno da 7 anni.

La Regione, infatti, annunciò gli stessi interventi per l’adeguamento e la messa a norma degli impianti anticendio per due volte nel giro di due anni, ma deliberò i finanziamenti solo nell’aprile 2018 con ben 26 mesi di ritardo. Nel febbraio 2016 annunciò per la provincia romana «1,2 milioni: Civitavecchia, Tivoli, Subiaco, Frascati e Anzio». Stesso annuncio nel 2018, come scrisse Il Tempo rivelando il “bluff” quando la Regione specificò che per il solo ospedale di Tivoli i fondi erano di 236mila euro. Che però non bastavano, come scrisse la stessa Asl nel 2019 deliberando «di richiedere alla Regione Lazio un finanziamento dedicato per euro 532.244». Perché «nello stesso progetto preliminare si è provveduto ad individuare un primo lotto funzionale recante gli interventi ritenuti più urgenti e necessari, sino al raggiungimento del quadro economico di euro 236.167». Ma, avvertì allora l’Asl, «questo primo lotto funzionale di lavori, finanziato dalla Regione Lazio, non risulta sufficiente alla realizzazione dell’impianto di rivelazione e allarme (incendio ndr)in tutti gli ambienti dell’intero ospedale, così come previsto dalla norma». Due anni dopo è stata deliberata la gara da 947mila euro, ma non è dato sapere se poi sia andata effettivamente in porto. 
Non sarebbe il primo caso. Perché l’Asl Roma 5 ha più volte deliberato, ad esempio, per l’acquisto della risonanza magnetica fin dal 2014. Però, 9 anni dopo, è ancora l’unica azienda sanitaria del Lazio a risultare priva di questa ormai fondamentale apparecchiatura diagnostica. Che all’ospedale di Tivoli sarebbe dovuta arrivare «entro la fine dell’anno», così annunciò da ultimo nel marzo 2022 in Consiglio regionale il direttore Santonocito. Ora il termine è ulteriormente slittato al 2025, in vista del Giubileo. E, nel frattempo, «la totale assenza di una unità di risonanza magnetica pone l'Azienda un passo indietro non solo rispetto le altre ASL e strutture ospedaliere, ma anche rispetto gli attuali gold standard diagnostici, determinando uno spostamento dei propri pazienti verso strutture private», ha scritto la stessa Asl. Che nel 2022 ha dovuto sostenere un costo di 5 milioni e 207mila euro per i rimborsi alle 5 strutture private convenzionate che effettuano gli esami, anche ai degenti dei 5 ospedali aziendali, trasportati in ambulanza per effettuare una risonanza.

Ma anche gli incendi non sono nuovi nell’Asl Roma 5: il 10 luglio scorso ne è divampato uno nei locali della sede aziendale, ubicata in via Acquaregna, proprio di fronte all’ospedale di Tivoli. E già in quell’occasione, 5 mesi fa, c’è chi nell’Asl ha contestato l’assenza della valutazione del rischio antincendio. Un altro rischio, ma di richieste di risarcimento, l’Asl lo corre dopo le prime 5 denunce presentate dai pazienti oncologici che, tra il febbraio e il dicembre 2022, sono rimasti contagiati dall’Epatite C all’ospedale di Tivoli. Perché il «contagio da Epatite Cronica da virus Hcv in esito a terapia chemioterapica», denunciato dai 5 pazienti che hanno un’età che va dai 40 ai 55 anni, ha riguardato almeno 28 persone in cura presso il reparto tiburtino, come ha quantificato la stessa Asl nel febbraio scorso confermando la prima rivelazione dei contagi pubblicata da Il Tempo.

Dieci mesi fa, infatti, l’azienda sanitaria confermò «28 casi segnalati nel corso dell'indagine epidemiologica: riguardano pazienti assistiti presso il Day Hospital e gli Ambulatori di Oncologia di Tivoli». E ora l’avvocato Claudia Ciavarella è già stata contattata da altri pazienti perché ritengono «evidente lo stretto nesso di causalità tra i trattamenti chemioterapici eseguiti presso il reparto tiburtino e l'insorgere della malattia». Per questi motivi ha chiesto all’Asl Roma 5 «ogni necessario accertamento per l’elargizione dell’indennizzo previsto dalla legg</CW>e».

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