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Pier Paolo Pasolini, il caso è chiuso: i pm di Roma dicono no alla riapertura delle indagini

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Non saranno riaperte le indagini sull’omicidio di Pier Paolo Pasolini. A deciderlo è stata la Procura di Roma, che rigettato l’istanza depositata lo scorso 6 marzo dall’avvocato Stefano Maccioni a nome del regista David Grieco e dello sceneggiatore Giovanni Giovannetti. «Una sconfitta per tutti coloro che credono che il nostro Stato debba arrivare a garantire Giustizia soprattutto in questa vicenda» commenta lo stesso legale, rilanciando l’invito di «chi sa a parlare». L’obiettivo della richiesta era dare un volto ai 3 Dna estratti nel 2010 dal Ris dalle tracce ritrovate sul luogo dove il regista fu ucciso il 2 novembre 1975. Per la morte dell’intellettuale, il cui corpo massacrato fu trovato sulla spiaggia dell’Idroscalo di Ostia, fu condannato da minorenne Pino Pelosi, detto ’la Rana’, per omicidio volontario in concorso con ignoti.

 

 

Si tratta, in particolare, di gocce di sudore estratte da un plantare ritrovato nell’automobile di Pasolini, una macchia di sangue repertata nella parte interna dei jeans di Pasolini e del materiale ematico, isolato sulla maglietta che indossava lo scrittore quando venne assassinato. A questo si aggiungevano le dichiarazioni del boss della Banda della Magliana, Maurizio Abbatino, secondo cui Pasolini fu attirato in un’imboscata dopo il furto delle pellicole del film ’Salò o le 120 giornate di Sodoma’, venendo ucciso da una banda di picchiatori fascisti.

 

 

Secondo il pm della Procura capitolina Francesco Minisci, tuttavia, gli ulteriori spunti indicati dal difensore «valutati alla luce delle imponenti attività svolte» nel precedente procedimento penale «non sono idonei a consentire l’attivazione della procedura di riapertura delle indagini». Per il pm, in particolare, si tratta, «di spunti aventi natura eterogenea quanto alla tipologia e generica quanto alla portata» e «per alcuni aspetti non focalizzati sull’omicidio ma riguardanti episodi di contorno, talora ripetitivi di attività già svolte e orientati verso soggetti già valutati», i quali «non appaiono utili ad aggiungere altri elementi alla mole e alla completezza di indagini (già svolte dall’Ufficio e valutate dal Gip di Roma), tanto da condurre alla prosecuzione delle stesse». La conclusione, pertanto, è «che non ricorrono i presupposti» per la riapertura del caso. «Prendiamo atto con malcelata amarezza della decisione presa dalla Procura della Repubblica di Roma di rinunciare all’accertamento delle effettive responsabilità per l’omicidio di Pier Paolo Pasolini. È evidente che Giuseppe Pelosi non possa essere considerato l’unico responsabile dell’omicidio ma si rinuncia a svolgere ulteriori indagini ritenendo che quelle svolte dal 2010 al 2015 siano state sufficienti», le parole a caldo di Maccioni. Alle tante domande sul mistero della morte di Pasolini, a partire dal movente, «i cittadini italiani e non solo non troveranno mai risposte» ma «noi - assicura il difensore - non potremo mai accettare che lo Stato rinunci ad accertare la verità».

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