la guerra della giustizia

Marina Berlusconi, accusa ai pm: "Papà perseguitato anche dopo la morte"

Rompe il silenzio Marina Berlusconi e a un mese dalla morte del padre va all'attacco dei magistrati che vogliono la “damnatio memoriae". di Silvio Berlusconi. In una lunga lettera pubblicata da Il Giornale, la presidente di Fininvest chiede: "Ma la guerra dei trent’anni non doveva finire con Silvio Berlusconi? Dopo di lui, il tema giustizia non doveva tornare nei binari della normalità?". La risposta è nota. "Purtroppo non è così. Ha aspettato giusto un mese dalla sua scomparsa, la Procura di Firenze, per riprendere imperterrita la caccia a Berlusconi, con l’accusa più delirante, quella di mafiosità. Mentre nel Paese il conflitto tra magistratura e politica è più vivo e violento che mai", scrive la primogenita del fondatore di Forza Italia. 

 

Marina Berlusconi sottolinea come spetti solo a "politica e istituzioni" affrontare "problemi gravi come questo", ma sente  il bisogno di ""portare una testimonianza, e una denuncia, innanzitutto come figlia: la persecuzione di cui mio padre è stato vittima, e che non ha il pudore di fermarsi nemmeno davanti alla sua scomparsa, credo contenga in sé molte delle patologie e delle aberrazioni da cui la nostra giustizia è afflitta".

Una piccola parte della magistratura è diventata "casta intoccabile e soggetto politico, teso solo a infangare gli avversari, veri o presunti", attacca Marina che denuncia i teoremi di certi pm che alimentano gli "organi informazione amici". "L’avviso di garanzia serve così solo a garantire che l’indagato venga subito messo alla gogna: seguiranno le canoniche intercettazioni, anche le più lontane dal tema dell’inchiesta". Un "meccanismo diabolico" funzionale alla "condanna mediatica, quella che sta loro davvero a cuore, prima ancora che il teorema dell’accusa venga vagliato da un giudice terzo".

 

Parole durissime che arrivano dopo le mosse della procura di Firenze. Dopo oltre vent’anni di inchieste che non hanno portato a nulla "ci sono ancora pm e giornalisti che insistono nella tesi, assurda, illogica, molto più che infamante, secondo cui mio padre sarebbe il mandante delle stragi mafiose del 1993-94. È qualcosa di talmente enorme che fatico perfino a scriverlo. Ma davvero qualcuno può credere che Silvio Berlusconi abbia ordinato a Cosa Nostra di scatenare morte e distruzione per agevolare la sua discesa in campo del gennaio 1994? Ed è credibile, poi, che abbia costruito una delle principali imprese del Paese utilizzando capitali mafiosi?", scrive Marina Berlusconi. 

 

La figlia del Cavaliere rivendica poi come ultima prova le leggi contro la criminalità organizzata varate dai governi Berlusconi: ""Nessun altro esecutivo ha mai fatto tanto". Ma non servirà perché "il nuovo obiettivo è chiaro: la damnatio memoriae. "No, purtroppo la guerra dei trent’anni non è finita con Silvio Berlusconi", conclude Marina, "un Paese in cui la giustizia non funziona è un Paese che non può funzionare. Non m’illudo che, dopo tanti guasti, una riforma basti a restituirci alla piena civiltà giuridica. Ma penso, e spero, che chi ha davvero il senso dello Stato debba fare qualche passo importante. Non dobbiamo, non possiamo rassegnarci. Abbiamo diritto a una giustizia che, come si legge nelle aule di tribunale, sia «uguale per tutti». Per tutti, senza che siano certe Procure a decidere chi sì e chi no".