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Regionali Lazio-Lombardia, seggi semivuoti: l'affluenza si è dimezzata

Martina Zanchi
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L’affluenza bassa, bassissima, registrata sia nel Lazio che in Lombardia nella prima giornata di elezioni regionali è già un caso politico. Nella seconda rilevazione ufficiale dai seggi, alle sette di sera, appena il 22,10% dei cittadini laziali e il 27,17% dei lombardi si è recato alle urne per scegliere il prossimo governatore. Dati che preoccupano non solo in relazione alle ultime consultazioni, avvenute nel 2018 - allora l’affluenza nello stesso orario era del 17,35% nel Lazio e del 19,91% in Lombardia - ma ancora di più rispetto alla tornata del 2013. Come oggi, infatti, anche dieci anni fa si è votato in due giornate (mentre le ultime regionali si sono svolte esclusivamente il 4 marzo del 2018). E il confronto è desolante. Il 24 febbraio 2013, alle ore 19, per il rinnovo del Consiglio regionale del Lazio aveva votato il 44,37% degli aventi diritto mentre in Lombardia oltre la metà deli elettori (51,23%) si era presentato ai seggi. Circa il doppio del risultato di ieri in entrambe le Regioni.

Non basta, per valutare il fenomeno, il fatto che quell’anno si sia votato contestualmente anche per le elezioni politiche. L’interrogativo è inevitabile. Così, annusando aria di astensionismo dilagante, c’è chi si affretta ad adattare la lettura di un risultato che non arriverà prima di stasera. «L’affluenza nel Lazio sta crollando e il prossimo Consiglio regionale rischia di essere delegittimato, eletto da medel 50% degli elettori - commenta Alfonso Pecoraro Scanio, presidente della Fonda zione Univerde, che fuori dal seggio ha aggiunto- Si rischiano risultati stravolti e una forte perdita di credibilità delle istituzioni».

Riflessioni amare arrivano anche dal centrodestra. «La disaffezione, prima ancora che degli elettori, è dei possibili eletti», ha dichiarato candidato Vittorio Sgarbi, consigliere sia in Lombardia che nel Lazio. «La politica ha innanzitutto bisogno di ideali e francamente - commenta Sgarbi- sul piano della proposta non vediamo una grande offerta. E poi c’è bisogno di personalità forti, di nomi famosi. Se queste vengono considerate elezioni di serie B l’elettore, che è intelligente, decide di non partecipare».

C’è stata, invece, «poca comunicazione istituzionale», secondo la coordinatrice di Forza Italia Licia Ronzulli. «Durante la campagna - ha aggiunto la senatrice- ho incontrato tante persone che non sapevano si votasse». Ed è preoccupato per la bassa affluenza anche Silvio Berlusconi. «È un male di per sé, anche per le conseguenze che provoca - ha commentato il Cav - Dentro di me ho ben chiaro il concetto che una democrazia è tale se la maggioranza dei cittadini va a votare». Un appello che, almeno per il momento, gli elettori sembrano non avere raccolto.

E anche nei grandi centri l’appuntamento con le urne sembra non essere tra le priorità dei cittadini. Alle sette di ieri è andato a votare il 27,24% dei milanesi. Ancora più basso il dato della città di Roma, dove ai seggi si è recato appena un elettore su cinque (20,04%). Un dato spinto verso l’alto da pochi quartieri. È il Municipio II a superare la media cittadina, appena sotto il 24%, mentre i Municipi VIII, VII e I (quello del centro) riescono a superare il 21%. Record negativo nel VI, l’area di Tor Bella Monaca governata dal centrodestra, con appena il 16,34% dei votanti. Meglio è andata nelle province. A Latina l’affluenza è stata del 23,15% mentre a Frosinone si è registrato il dato più alto della regione, con il 25,78%, e a Viterbo il 25,56%. Appena sotto il 25% il risultato di Rieti mentre l’intera area metropolitana (compresa la Capitale) ha superato di poco il 21%. In Lombardia solo Bergamo, Brescia e Lecco hanno mancato di poco il 30% mentre il risultato più basso si è registrato a Mantova, con il 23,39%. C’è tempo fino alle 15 di oggi per risalire la china ma le percentuali di dieci anni fa, ben oltre il 70%, paiono quasi inarrivabili.

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