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Sentenza obbligo vaccino Covid per i sanitari: "Imposto dai dati"

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L'interesse della collettività prevale sul diritto del singolo. Lo ha ribadito la Corte Costituzionale nelle sentenze sull'obbligo vaccinale imposto al personale sanitario durate l'epidemia da Covid-19, ponendo così fine alle polemiche sulle questioni sollevate sull'obbligo vaccinale e sull'uso del tampone come sostitutivo del vaccino.

Con la sentenza 14 del 2023 la Consulta ha infatti ritenuto "non fondata" la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Regione Sicilia. La scelta del legislatore è chiara: non può "ritenersi irragionevole né sproporzionata, alla luce della situazione epidemiologica e delle risultanze scientifiche disponibili". La Corte ha sottolineato l'importanza dell'articolo 32 della Costituzione che affida al legislatore il compito di "bilanciare alla luce del principio di solidarietà "il diritto dell’individuo all’autodeterminazione rispetto alla propria salute con il coesistente diritto alla salute degli altri e quindi con l’interesse della collettività". Il legislatore ha quindi esclusivamente, tenuto conto dei dati sanitari, operando una scelta "idonea allo scopo, né irragionevole o sporporzionata".

A questo si aggiunge anche la sentenza definitiva sull'obbligo vaccinale, in risposta alle questioni di legittimità costituzionale sollevate dai Tribunali di Brescia, Catania e Padova. Per i giudici "i lavoratori impiegati in strutture residenziali, socio-assistenziali e socio-sanitarie, devono rispettare l'obbligo vaccinale per la prevenzione dal Covid anziché sottoporsi" al tampone perché "il sacrificio imposto agli operatori sanitari non ha ecceduto quanto indispensabile per il raggiungimento degli scopi pubblici di riduzione della circolazione del virus, ed è stato costantemente modulato in base all’andamento della situazione sanitaria, peraltro rivelandosi idoneo a questi stessi fini”.

La Corte ha poi ritenuto "non comparabile la posizione del lavoratore che non ha inteso vaccinarsi con quella del lavoratore del quale sia stata disposta la sospensione dal servizio a seguito della sottoposizione a procedimento penale o disciplinare", casi dove viene erogato un assegno alimentare. Per la Corte quindi non vi era nessun obbligo a carico del datore di lavoro "una erogazione solidaristica di una provvidenza di natura assistenziale in favore del lavoratore che non avesse inteso vaccinarsi e che fosse, perciò, temporaneamente inidoneo allo svolgimento della propria attività lavorativa".

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