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Brigate Rosse, domani la decisione della Cassazione di Parigi sull'estradizione di dieci ex militanti

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È il momento della verità per una questione che si trascina da anni. Domani dieci ex militanti delle Brigate rosse stabiliti in Francia da decenni saranno fissati sul proprio destino: la Corte di Cassazione di Parigi si pronuncerà sulla loro estradizione chiesta da Roma per «fatti di terrorismo» risalenti agli anni di piombo. A quasi due anni dal loro arresto nell’ambito dell’operazione «Ombre rosse» nell’aprile 2021, la più alta giurisdizione francese dovrà esaminare i ricorsi presentati dalla Procura di Parigi contro il rifiuto della Corte d’Appello, nel giugno 2022, di estradarli in Italia. Si tratta di due donne - Roberta Cappelli e Marina Petrella - e otto uomini - Giorgio Pietrostefani, Enzo Calvitti, Narciso Manenti, Giovanni Alimonti, Sergio Tornaghi, Maurizio Di Marzio, Raffaele Ventura e Luigi Bergamin - di età compresa tra 62 e 79 anni, già condannati in patria per atti di terrorismo compiuti tra la fine degli anni ‘60 e l’inizio degli anni ‘80. «Tutti loro hanno ricostruito la loro vita in Francia da 30 o 40 anni e credevano di essere protetti dalla dottrina Mitterrand, il presidente socialista (1981-1995) si era impegnato a non estradare ex attivisti che avevano rotto con il loro passato» ha ricordato il quotidiano Tèlègramme.

 

 

Nella primavera del 2021, dopo mesi di trattative, il presidente Emmanuel Macron aveva deciso di favorire l’esecuzione delle richieste di estradizione di questi sei ex Brigate Rosse e quattro ex appartenenti a gruppi armati, rinnovate un anno prima da Roma. Nell’aprile 2021, sette di loro sono stati arrestati e altri due sono andati in tribunale senza problemi. Un decimo è stato arrestato nel luglio dello stesso anno. Sono stati tutti posti sotto controllo giudiziario in attesa di una decisione dei tribunali francesi sul loro destino. Nel giugno 2022, la camera istruttoria ha finito per emettere parere sfavorevole sulla loro consegna alle autorità italiane, fondato sul rispetto del diritto alla vita privata e familiare di queste persone stabilite in Francia nonché del diritto a un giusto processo, come previsto per gli articoli 8 e 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. 

 

 

Dopo questa decisione, Macron, che aveva definito l’arresto degli ex attivisti un «momento storico», ha tuttavia ribadito la volontà che fossero «processati sul suolo italiano», sostenendo che erano stati «coinvolti in delitti di sangue». Pochi giorni dopo, il procuratore generale di Parigi, Rèmy Heitz, ha adito la Corte di Cassazione contro questa decisione, suscitando le ire dei legali degli ex attivisti che hanno denunciato una «accanita implacabilità» e una «deviazione dello stato di diritto». Ed ora arriverà il pronunciamento definitivo.

 

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