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Cosa hanno trovato nel bunker di Messina Denaro. I "tesori" del boss mafioso

Un covo al giorno. Anche ieri una manciata di metri quadrati a Campobello di Mazara è diventata un pezzo della latitanza di Matteo Messina Denaro. Dopo vicolo San Vito, via Maggiore Toselli, passamontagna e giubbotti antiproiettili si sono spostati al civico 260 di via San Giovanni del comune trapanese. Dentro all'ennesimo nascondiglio gioielli, collane, bracciali e anche pietre preziose di dimensioni consistenti. Nel primo il boss mafioso, superlatitante da 30 anni, conservava sulla scrivania una serie di cartelle, in cui catalogava appunti e documenti ma anche conti: spendeva diecimila euro al mese. Poi pizzini, numeri di telefono e un diario con i commenti sulle vicende politiche. Ma è nel secondo covo, una stanza blindata a cui si accedeva dal fondo scorrevole di un armadio, che il vero padrino delle stragi nascondeva i suoi tesori. Il terzo invece, trovato a Campobello di Mazara, sarebbe un appartamento vuoto.

Il tutto nella giornata in cui a Palermo si convalidava il fermo dell'autista del superboss e a Caltanissetta andava in scena la prima udienza con l'imputato Messina Denaro in cella. Quella sedia nella stanza del supercarcere dell'Aquila, allestita per consentire il collegamento in video conferenza con l'aula bunker di Caltanissetta, è rimasta vuota. "Messina Denaro Matteo. Detenuto assente", con queste parole anche in un'aula di tribunale la fuga della primula rossa è finita. L'appuntamento è per il 9 marzo quando a difendere l'unico imputato per strage ci sarà la nipote, l'avvocatessa Lorenza Guttadauro. Oggi si è fatta sostituire da uno degli avvocati d'ufficio che fin qui hanno assistito l'imputato e ha chiesto un rinvio per poter esaminare le carte processuali. Non si è visto lo zio stragista, non si è vista la nipote avvocata.

Tre partite, dunque per un solo risultato: scoprire le verità mancanti sulla stagione della mafia corleonese. Trovare l'archivio segreto di Totò Riina (che molti pentiti sostengono essere nelle mani del boss trapanese) e le carte che coinvolgerebbero massoneria, borghesia collusa, politica, servizi deviati. Le vuole conoscere il procuratore generale di Caltanissetta Antonino Patti secondo cui "Nessuno può sapere cosa passa in questo momento nella sua mente - sottolinea - È sicuramente depositario di conoscenze sulla stagione stragista del 1992-1994 che ancora oggi non sono sondate o conosciute sulla base degli altri collaboratori, perché il livello di conoscenza di Messina Denaro, per il rapporto strettissimo che aveva con Riina, è superiore a tutto quello che ci è stato raccontato fino ad oggi".

Le vogliono conoscere i magistrati palermitani che in attesa della convalida di Matteo Messina Denaro, oggi hanno mandato davanti gip Fabio Pilato l'autista del boss, Giovanni Luppino. Il fermo è stato convalidato e il giudice si è riservato di decidere sulle misure cautelari. Il pool di magistrati coordinati dal procuratore aggiunto Paolo Guido nella richiesta di custodia hanno sottolineato come "Nessun elemento può allo stato consentire di ritenere che una figura che è riuscita letteralmente a trascorrere indisturbata circa 30 anni di latitanza, si sia procurata di figure inconsapevoli dei compiti svolti e dei connessi rischi, ed anzi, l'incredibile durata di questa latitanza milita in senso decisamente opposto, conducendo a ritenere che proprio l'estrema fiducia e il legame saldato con le figure dei suoi stessi fiancheggiatori abbia in qualche modo contribuendo alla procrastinazione del tempo della sua cattura che, altrimenti, sarebbe potuta effettivamente intervenire anche in tempi più risalenti".