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Lady Soumahoro, la telenovela continua. Serra difende De Gregorio

È diventato una telenovela il dibattito, tutto interno a Repubblica, sulla compagna di Aboubakar Soumahoro, Liliane Murekatete, e sulle note foto sexy e con abiti e borse di lusso spuntate dopo l'esplosione del caso delle coop gestite dalla madre, finite sotto inchiesta a Latina. Il tutto è stato scatenato dalla difesa abbastanza surreale fatta da Concita De Gregorio che aveva equiparato Murekatete a Chiara Ferragni, alla quale nessuno imputa le foto griffate e finanche i servizi fotografici con pochi vestiti addosso. 

 

Il giorno successivo un articolo di Francesco Bei replicava con argomentazioni opposte: la compagna del deputato di Verdi e Sinistra Italia è "indifendibile" per vari motivi, il primo perché Murekatete "di mestiere non fa l'influencer, ma dovrebbe gestire una cooperativa che aiuta gli ultimi tra gli ultimi, quelli arrivati in Italia senza nemmeno un paio di scarpe".

 

Oggi mercoledì 14 dicembre arriva il terzo capitolo della saga, a firma di Michele Serra che corre in soccorso della conduttrice di In Onda. Da una parte, come ovvio, c'è l'inchiesta giudiziaria. Dall'altra "un enorme clamore mediatico attorno alle due protagoniste dirette della vicenda e al protagonista indiretto, il deputato Soumahoro. E questa è tutt’altra cosa", premette Serra.

"La domanda che si (e ci) faceva Concita era tutt’altra. Era come mai l’esibizione di accessori lussuosi e la disinvoltura di immagine della giovane signora ruandese le fossero rinfacciati con tanto accanimento, nonostante il loro evidente conformismo, la loro 'normalità': sono gli stessi strumenti, gli stessi orpelli che fanno furore sui social, che valgono milioni di like, che portano popolarità, successo, denaro" argomenta il giornalista che critica le posizioni di Bei. "Lungo quella china, si rischia poi di considerare “inappropriato” anche lo shopping natalizio di Bersani (non è 'di sinistra' regalare un foulard griffato alla moglie, regalino libri, ‘sti comunisti, possibilmente usati), la riflessione di Concita riguardava un altro tipo di scarto, ancora più stridente". 

 

Insomma, il moralismo è il contrario della morale, "è un’accensione intermittente e ondivaga, molto spesso iniqua nello scegliere i suoi bersagli. Quando lo sbocco moralista si esaurisce, si torna, difatti, all’immoralità di tutti i giorni, esattamente come è accaduto dopo Tangentopoli. Anche per questo sono d’accordo con Concita". Stringendo, Murekatete "dovrà rispondere, se chiamata in giudizio, di come ha amministrato, o aiutato ad amministrare, una cooperativa molto chiacchierata, in grave debito con i suoi assistiti. Non di come si veste, e nemmeno di come si mostra sui social, a meno di voler stabilire che una immigrata ruandese, per non infastidire noi indigeni, deve conservare quella modestia di comportamento che, dalle nostre parti, regge al massimo fino alla seconda media". È la parola fine o la telenovela continua?