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Giorgia Meloni contro il Domani, querela e processo: "Fra i deputati il suo nome"

Giada Oricchio
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Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni conferma la querela contro il “Domani” e scatta il dibattito: difesa o azione intimidatoria? Ieri il quotidiano edito da De Benedetti ha titolato “Meloni manda Domani a processo. Il potere attacca la stampa libera” in merito al rinvio a giudizio del vicedirettore Emiliano Fittipaldi e del direttore della testata Stefano Feltri per un articolo datato ottobre 2021 su Giorgia Meloni, all’epoca presidente di FdI e non premier.

Nel pezzo si raccontava che l’ex commissario straordinario all’emergenza Covid, Domenico Arcuri, indagato dai pm romani per abuso d’ufficio nella compravendita di un’enorme partita di mascherine dalla Cina, aveva deciso di difendersi. Cosa disse? Arcuri fece i nomi di alcuni parlamentari che, a suo dire, lo avrebbero contattato per promuovere soggetti o imprese in grado di fornire mascherine a condizioni “largamente meno vantaggiose”. Le offerte furono cestinate. Fra i deputati c’era anche Giorgia Meloni. Secondo i verbali, Arcuri avrebbe dichiarato: “L’onorevole Giorgia Meloni il 22 e il 27 marzo è in copia all’offerta di tale Pietrella, per mascherine chirurgiche con richiesta di anticipo del 50% e costo del trasporto a carico del governo italiano”, ma il quotidiano avrebbe sintetizzato: “Arcuri dice a verbale che la leader di Fratelli d’Italia avrebbe raccomandato un’offerta di terzi”.Il giorno dopo, la leader di Fratelli d’Italia querelò il quotidiano contestando il volontario travisamento delle dichiarazioni dell'ex numero uno di Invitalia: ci fu una chiamata, ma nessuna “raccomandazione”.

A un anno di distanza dai fatti, è arrivato il rinvio a giudizio di Fittipladi e Feltri per diffamazione. Oggi Giorgia Meloni è premier, ma a differenza dei suoi predecessori a Palazzo Chigi che mai hanno querelato o portato avanti processi contro i media, ha deciso di proseguire la causa penale. La testata ha incassato la solidarietà delle opposizioni politiche al governo di destra e delle associazioni di categoria, mentre Fittipaldi ha sottolineato: “Finché una legge sulle liti temerarie non verrà approvata, le querele e le cause civili restano spada di Damocle sulla libertà d’informazione nel Paese”.

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