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Nuovo colpo al clan Brancaccio: 31 arrestati a Palermo. L’accusa di associazione di stampo mafioso

Luca De Lellis

Le indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia hanno inflitto un duro colpo alla mafia. Nell'ambito di una maxi operazione gli organi della polizia di Stato, insieme ai carabinieri di Palermo, hanno infatti arrestato 29 persone e messo sotto arresti domiciliari altri 2 componenti del clan Brancaccio. Tutti gli indagati sono accusati in diverso modo di associazione di stampo mafioso, detenzione e produzione di stupefacenti, detenzione di armi illegale, favoreggiamento personale ed estorsione con l’aggravante del metodo mafioso.

 

 

Diverse le città coinvolte dal blitz: Palermo, Reggio Calabria nel Sud Italia, Alessandria e Genova al Nord. A dimostrazione di come l’organizzazione mafiosa sia ormai radicata silenziosamente all’interno dell’intero territorio peninsulare. Perché se è vero che non è più la mafia stragista degli anni ’90, non per questo è meno pericolosa. Quando non spara significa che è in salute. Di conseguenza questi arresti sono fondamentali per provare a scardinare le certezze di Cosa nostra e delle altre organizzazioni criminali. L’inchiesta condotta dalla Dda si è rivelata utile anche per comprendere l’organigramma delle famiglie mafiose dei mandamenti di Ciaculli e Brancaccio che, a seguito di un altro colpo subito dalle forze dell’ordine nel 2019, avevano dovuto ripristinare l’ordine interno. Il primo passo per provare a sconfiggere (e non solo combattere) un’organizzazione di questo tipo è una sua profonda conoscenza. In questo senso l’identificazione di capi, gregari e “soldati” affiliati alla mafia siciliana è enormemente importante. Per di più se le loro estorsioni e imposizioni di pagamento del pizzo danneggiano l’economia e i piccoli commercianti locali. Nell’ordinanza sono state ricostruite e documentate circa 50 attività di estorsione inflitte a imprenditori di esercizi commerciali di ogni tipo.

 

 

Tra le più note figure arrestate nel blitz di questa mattina troviamo Antonio Lo Nigro, narcotrafficante in rapporti stretti con l’Ndrangheta, e cugino di Cosimo, che sta scontando l’ergastolo non soltanto perché ha partecipato attivamente alla strage di Capaci che ha ucciso Giovanni Falcone, ma anche in quanto appartenente al clan che ha ucciso don Pino Puglisi. Dalle intercettazioni contro un altro indagato, Giuseppe Greco, sono emersi insulti rivolti ai due magistrati che hanno perso la vita nella lotta alla mafia, Falcone e Paolo Borsellino. Le parole pronunciate nei confronti di una sua amica, quando ha saputo che sua figlia avrebbe partecipato a una protesta antimafia nell’aula bunker del carcere dell’Ucciardone, dove si celebrò il Maxiprocesso, sono da brividi: “Noi non ci immischiamo con Falcone e Borsellino. Non ti permettere… Io mai gliel’ho mandato mio figlio a queste cose… vergogna”. A pochi giorni dal trentennale della scomparsa dei due eroici magistrati queste frasi fanno ancora più male.