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Guerra in Ucraina, Papa Francesco attacca Vladimir Putin

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Papa Francesco non lo nomina Vladimir Putin. Ma è chiaro che si riferisce a lui quando parla di "potenti che provocano e fomentano conflitti". Bergoglio si è lasciato andare nel corso del suo primo discorso alle autorità civili di Malta. «Proprio dall’est dell’Europa, dall’Oriente dove sorge prima la luce, sono giunte le tenebre della guerra». Il Papa parla della guerra in Ucraina. E dà voce a tutto il suo dolore e alla preoccupazione, mettendo in guardia sul rischio di una «guerra fredda allargata». «Pensavamo che invasioni di altri Paesi, brutali combattimenti nelle strade e minacce atomiche fossero ricordi oscuri di un passato lontano. Ma il vento gelido della guerra, che porta solo morte, distruzione e odio, si è abbattuto con prepotenza sulla vita di tanti e sulle giornate di tutti - dice il Pontefice-. E mentre ancora una volta qualche potente, tristemente rinchiuso nelle anacronistiche pretese di interessi nazionalisti, provoca e fomenta conflitti, - osserva Francesco- la gente comune avverte il bisogno di costruire un futuro che, o sarà insieme, o non sarà. Ora, nella notte della guerra che è calata sull’umanità, non facciamo svanire il sogno della pace».

 

 

 

 

«Malta, che brilla di luce nel cuore del Mediterraneo, può ispirarci, perché è urgente - ammonisce il Papa- ridare bellezza al volto dell’uomo, sfigurato dalla guerra. Una bella statua mediterranea risalente a secoli prima di Cristo raffigura la pace, Irene, come una donna che ha in braccio Pluto, la ricchezza. Ricorda che la pace genera benessere e la guerra solo povertà». «Di compassione e di cura abbiamo bisogno, non di visioni ideologiche e di populismi, - ammonisce ancora Francesco- che si nutrono di parole d’odio e non hanno a cuore la vita concreta del popolo, della gente comune». Bergoglio ricorda che «più di sessant’anni fa, a un mondo minacciato dalla distruzione, dove a dettare legge erano le contrapposizioni ideologiche e la ferrea logica degli schieramenti, dal bacino mediterraneo si levò una voce controcorrente, che all’esaltazione della propria parte oppose un sussulto profetico in nome della fraternità universale. Era quella di Giorgio La Pira, che disse: ’La congiuntura storica che viviamo, lo scontro di interessi e di ideologie che scuotono l’umanità in preda a un incredibile infantilismo, restituiscono al Mediterraneo una responsabilità capitale: definire di nuovo le norme di una Misura dove l’uomo lasciato al delirio e alla smisuratezza possa riconoscersì. Sono parole attuali: quanto ci serve una »misura umana« davanti all’aggressività infantile e distruttiva che ci minaccia, di fronte al rischio di una ’guerra fredda allargatà che può soffocare la vita di interi popoli e generazioni!».

«Quell "infantilismo" purtroppo - denuncia il Papa - non è sparito. Riemerge prepotentemente nelle seduzioni dell’autocrazia, nei nuovi imperialismi, nell’aggressività diffusa, nell’incapacità di gettare ponti e di partire dai più poveri. Da qui comincia a soffiare il vento gelido della guerra, che anche stavolta è stato alimentato negli anni. Sì, la guerra si è preparata da tempo con grandi investimenti e commerci di armi. Ed è triste vedere come l’entusiasmo per la pace, sorto dopo la seconda guerra mondiale, si sia negli ultimi decenni affievolito, così come il cammino della comunità internazionale, con pochi potenti che vanno avanti per conto proprio, alla ricerca di spazi e zone d’influenza. E così non solo la pace, ma tante grandi questioni, come la lotta alla fame e alle disuguaglianze sono state di fatto derubricate dalle principali agende politiche. Ma la soluzione alle crisi di ciascuno è prendersi cura di quelle di tutti, perché i problemi globali richiedono soluzioni globali. Aiutiamoci ad ascoltare la sete di pace della gente, lavoriamo per porre le basi di un dialogo sempre più allargato, ritorniamo a riunirci in conferenze internazionali per la pace, dove sia centrale il tema del disarmo, con lo sguardo rivolto alle generazioni che verranno!". "E gli ingenti fondi che continuano a essere destinati agli armamenti siano convertiti allo sviluppo, alla salute e alla nutrizione", esorta guardando anche al vicino Medio Oriente, "che si riflette nella lingua di questo Paese, la quale si armonizza con altre, quasi a ricordare la capacità dei maltesi di generare benefiche convivenze, in una sorta di convivialità delle differenze. Di questo ha bisogno il Medio Oriente: il Libano, la Siria, lo Yemen e altri contesti dilaniati da problemi e violenza. Malta, cuore del Mediterraneo, continui a far pulsare il battito della speranza, la cura per la vita, l’accoglienza dell’altro, l’anelito di pace, con l’aiuto di Dio, il cui nome è pace".

 

 

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