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Covid, la bomba del procuratore di Bergamo sul ministro della Salute Roberto Speranza: "Non ha detto la verità"

Giada Oricchio
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Il ministro della Salute, Roberto Speranza, è finito nell’inchiesta sulla gestione della prima ondata Covid in Lombardia e il procuratore capo di Bergamo, Antonio Chiappani, vuole vederci chiaro: “Non ha raccontato cose veritiere anche questo dovremo valutare”. Contattato dalla giornalista Francesca Nava del quotidiano “Domani” , il magistrato ha così commentato le dichiarazioni di Speranza: “Non ho mai mentito al Parlamento”.

Si legge nell’articolo in edicola oggi, lunedì 29 novembre: “La fase istruttoria dell’inchiesta sulla strage di Bergamo, coordinata dal procuratore aggiunto Maria Cristina Rota, è ormai agli sgoccioli. In questi 18 mesi di indagini sono state ascoltate centinaia di persone, tra cui ministri, presidenti di regione, il vertice del ministero della Salute, l’ex premier Giuseppe Conte, Speranza due volte, i suoi consulenti tecnici, oltre a decine di dirigenti e operatori sanitari”.

Sei persone sono indagate per epidemia colposa e falso e la chiusura delle indagini, tra poche settimane, potrebbe portare a nuovi avvisi di garanzia. La procura di Bergamo, partendo dalle prime denunce di famigliari di vittime Covid in Val Seriana, ha voluto far luce “sulle mancanze di un intero sistema, che coinvolge direttamente il ministero della Salute per il mancato aggiornamento e la mancata attuazione del Piano Pandemico Nazionale”.

Proprio il Piano pandemico potrebbe costare caro al Ministro Speranza: “Secondo la magistratura, le misure previste dal vecchio piano pandemico del 2006 erano applicabili a qualsiasi malattia respiratoria di natura contagiosa, quindi anche al Covid”, secondo il titolare del dicastero no. Il ministro della Salute, davanti ai magistrati di Bergamo avrebbe negato di essersi lamentato con il direttore europeo Oms, Hans Kluge, per il contenuto del report del ricercatore Oms, Francesco Zambon, sulla gestione “caotica, improvvisata e creativa” dell’Italia della prima ondata Covid (rapporto ritirato dal web il 14 maggio del 2020, mai più ripubblicato) e in cui si evidenziava che l’Italia non avesse un piano pandemico aggiornato, ma le chat  di Whatsapp tra Speranza e il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, acquisite dalla Procura di Bergamo, sembrano affermare il contrario.

Secondo quanto ricostruito da “Domani”, ci sono state “bugie” e “consapevole sciatteria di chi doveva aggiornare quel piano, ha portato un’intera classe dirigente ad affermare che fosse strutturalmente inadeguato al Covid, senza ammettere che fosse invece un pezzo di carta dimenticato in qualche cassetto ministeriale, su cui nessuno aveva mai investito davvero. Era l’unico “manuale delle istruzioni” che il nostro paese avesse e che il ministro Speranza ha invece sempre ribadito non esistesse. In realtà esisteva e conteneva preziose linee guida, a partire da quelle sulla sorveglianza epidemiologica. Peccato che in pochi lo avessero letto e che nessuno ci avesse messo mano per oltre 14 anni”.

La Procura di Bergamo sta cercando di ricostruire la catena di comando che ha portato a questa trascuratezza clamorosa e che ha avuto conseguenze nefaste per l’Italia e per l’ecatombe (forse evitabile) in Val Seriana a marzo 2020: “L’inchiesta, viaggia su più livelli a dimostrazione del fatto che quanto accaduto a Bergamo all’inizio del 2020 riguarda un’intera stagione politica e amministrativa i cui protagonisti sono ora chiamati a rispondere di un’inerzia pluriennale, di sciatteria e di incompetenza, di omissioni e di falso, in buona sostanza di quello che il codice penale non prevede come reato, ma che potremmo definire un disastro sanitario”.

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