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Dal DDT allo zampirone e alla zanzariera: storia dell'eterna lotta tra uomo e zanzara

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Sono oltre 3.500 specie. Prelevano da altri corpi animali fluidi vitali ricchi di proteine, necessarie per il completamento della maturazione delle uova. Sono loro, le zanzare, l’incubo delle notti insonni d’estate.

Nella caccia notturna all’odiato insetto, tutto è permesso. C’è chi usa libri o riviste, chi palette ormai fuori moda, chi lancia asciugamani sul soffitto con tutta la rabbia accumulata durante la battaglia. Tutto per non risentire quel fastidioso e beffardo sibilo proprio dentro l’orecchio ad annunciare la puntura e poi la fastidiosa “bolla” che inevitabilmente arriveranno. Con buona pace degli animalisti, dopo l’estenuante guerra, il colpo risolutivo che sancisce la vittoria, porta sempre una certa soddisfazione.

Eppure ci sono altri modi più facili, veloci e civili per vincere contro un nemico piccolo ma temibilissimo come la zanzara. L’eterna lotta fra l’uomo e la zanzara, ha origini millenarie.

Gli uomini, da sempre, hanno cercato di difendersi da questo insetto, responsabile della malaria che ancora oggi causa 200 milioni di casi all’anno e oltre 500 mila decessi. Già a Pompei o in epoca Egizia, ad esempio, è possibile ammirare degli affreschi riproducenti dei veli o dei drappi utilizzati come protezione. Ma, da quel momento in poi, anche analizzando le epoche moderne, c’è un vuoto da colmare.

Ad ogni modo il primo successo nella disputa uomo vs zanzare, arriva con la scoperta del DDT, ovvero il para-diclorodifeniltricloroetano. Fu il primo insetticida moderno e venne usato dal 1939. In Italia si ricorda il suo utilizzo in Sardegna dove la malattia era endemica e ne consentì l'eradicazione. La sua scoperta va attribuita al chimico svizzero Paul Hermann Muller. Scoperta che gli valse anche il premio Nobel.

Ma se pensiamo all’anti-zanzara per antonomasia, forse la prima cosa che ci viene in mente è il mitico “Zampirone”, la spirale verde che mentre brucia tiene lontano gli insetti succhia sangue. Il “papà e la mamma” di questa rivoluzionaria invenzione sono il farmacista veneziano Giovanni Battista Zampironi e la giapponese Yuki.

Nel 1862, a soli 26 anni, Zampironi fondò il primo laboratorio farmaceutico per la produzione della Zampirina, un impasto di polvere di piretro, radice di altea, nitrato di potassio, gomma adragante e di altre sostanze addensanti, assemblati a forma di cono. Tale cono, però, era distante anni luce dallo zampirone a spirale che conosciamo oggi. Il passaggio di forma va attribuita a un imprenditore giapponese della fine Ottocento, Eiichiro Ueyama che aveva iniziato a commercializzare dei bastoncini di incenso a base di polvere di piretro. I bastoncini però bruciavano rapidamente ma grazie alla genialità di sua moglie Yuki, probabilmente ispirandosi a un serpente attorcigliato, questi presero la forma a spirale consentendogli di bruciare fino a 7 ore, contro i 40 minuti del bastoncino del marito e i pochi minuti del cono di Zampironi.

Tassello fondamentale in questa storica disputa è anche la storia di Sergio Marcantoni, il papà della “Zanzariera Moderna”, ovvero quella plissettata che con la sua rete innovativa (coperta da brevetto) ha rivoluzionato il mercato moderno, esportandola in oltre 50 Paesi nel Mondo. Un’invenzione, però, che ha avuto bisogno di quasi 15 anni di lavoro e un colpo di fortuna.  Marcantoni aveva un lavoro “fisso” ben retribuito, una moglie, un figlio e un secondo in arrivo. Ma non si sentiva felice. Così, con colpo di follia, si licenziò convinto che da “grande” avrebbe fatto l’inventore, creando una zanzariera rivoluzionaria, simile alle tende plissé, ovvero più morbida, con un sistema di aggancio diverso, meno pericolosa ma soprattutto resistentissima.

“Ebbi un’intuizione: creando qualcosa di analogo alle tende plissé, avrei potuto fare in modo che queste si fermassero a qualunque altezza, senza il rischio di dare vita a una sorta di tagliola. - racconta Marcantoni - Purtroppo però, in qualsiasi parte del mondo esponessi il mio progetto, nessuno riusciva a realizzarlo. Allora decisi di realizzarmela da solo. Comprai una macchina per plissettare la rete e dopo infiniti tentativi ho dato vita quello che avevo sempre visto nella mia mente”. Innovazione Made in Italy che deve il suo successo anche a un incidente: “Un giorno un collaboratore mentre puliva la macchina per plissettare la rete, accidentalmente, ci fece cadere sopra un altro liquido. Convinto d’aver creato un danno, iniziò a disperarsi. In realtà il giorno dopo controllando la rete ci rendemmo conto di aver trovato la formula magica che cercavamo da anni. La rete era ancora più morbida e flessibile. Oggi, quell’impiegato è visto come un eroe!”.

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