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Magistrati porci, chat criptate e interferenze sulle indagini: le carte contro Becciu e il “marcio sistema predatorio”

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Il 27 luglio inizierà il processo che vede coinvolto anche Angelo Becciu, che sarà il primo cardinale ad andare a processo davanti al Tribunale dello Stato vaticano. A convincere gli inquirenti per un richiesta di giudizio nei confronti di Becciu ci sono in particolare le testimonianze di monsignor Alberto Perlasca, suo ex braccio destro. Dalle quasi 500 pagine della richiesta di citazione a giudizio presentata dai magistrati il 1 luglio in particolare emerge ciò che diceva Becciu nei confronti dei magistrati, che sarebbero stati definiti “porci”. “Due giorni dopo l’interrogatorio sul caso Marogna andai dal Card. Becciu e - ha scritto Perlasca nella memoria difensiva - gli riferii tutto quello che mi aveva detto il magistrato. Lui rimase molto turbato che si fosse parlato di questo argomento e disse ‘che porci!’ e mi rimproverò aspramente per aver mantenuto nel telefonino i messaggi che lui mi aveva inviato e che avrei invece dovuto cancellarli. Io gli dissi che non ne vedevo il motivo, dal momento che lui mi aveva detto che l’operazione era stata voluta dal Santo Padre e quindi io pensavo di agire correttamente. In quella circostanza, mi disse di conoscere quella donna, che era del Dis. Mi disse di sapere che sarebbe stata costituita una società, ma che non sapeva che era stata costituita in Slovenia”.

 

 

In un successivo faccia a faccia con gli inquirenti, il monsignore, secondo le rivelazioni del Corriere della Sera, spiega che dopo le domande “sulla vicenda della Slovenia, egli effettivamente rimase molto contrariato (…) mi fece scaricare l’applicazione Signal precisandomi che attraverso tale applicativo le chat si autodistruggono in maniera indelebile dopo poco tempo. Poi quando gli dissi di aver appreso che gli inquirenti avevano accertato che le somme inviate per la liberazione della suora erano andate almeno parzialmente per spese voluttuarie, egli rispose che l’indomani avrebbe telefonata alla signora affinché reintegrasse quanto prelevato indebitamente”.

Gli inquirenti vaticani su questo punto sottolineano che tutto ciò “è particolarmente significativo se si considera che all’epoca, fine mese di aprile 2020, Angelo Becciu, come evidenziato, non era nemmeno sospettato di aver avuto concorso nella commissione di alcun reato”. Nella citazione si legge che lo scandalo è stato opera di un “marcio sistema predatorio e lucrativo di soggetti estranei alla natura ecclesiale ma talora reso possibile grazie a limitate, ma assai incisive, complicità e connivenze interne”. I promotori Gian Piero Milano, Alessandro Diddi e Gianluca Perone nella richiesta di citazione a giudizio evidenziano poi la figura del cardinale emerge a maggio 2020 come “autore di gravissime iniziative di interferenza con le indagini in corso in concomitanza con momenti delicatissimi delle stesse”.

 

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