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Liana Orfei si racconta: «Il cinema nel cuore, ma il circo è la mia vita. Mi ha scoperta Fellini, uno di famiglia»

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Giulia Bianconi
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Una vita divisa tra il mondo dello spettacolo, soprattutto il cinema, e il grande amore per il circo. «Ho lavorato con grandi nomi da Federico Fellini a Totò. Ma il circo è stata la mia vita. Mi ha insegnato tutto», dice a Il Tempo Liana Orfei. L’artista è stata una degli ospiti delle Giornate della Luce di Spilimbergo, festival con la direzione artistica di Gloria De Antoni e Donato Guerra in programma fino a domenica. Nel corso della manifestazione, dedicata agli autori della fotografia, la Orfei ha partecipato a un focus sugli spaghetti western e presentato anche il suo «Romanzo di vita vera. La Regina Del Circo» (edito nel 2020 da Baldini & Castoldi), nel quale ripercorre la sua vita straordinaria. Una vita da film che potrebbe un giorno essere raccontata proprio sul grande schermo.

Che esperienza ha vissuto a Spilimbergo?
«È stata una bella occasione per incontrare il pubblico e per parlare di cinema. E’ un luogo meraviglioso che sembra il paese della fate».

Lei nella sua carriera ha spaziato dai peplum al western, dall’horror alla commedia all’italiana. E ha lavorato con importanti registi, tra cui Fellini. Che ricordi ha di lui?
«È stato il più grande amico della mia famiglia. E lui diceva che noi eravamo parte della sua, tanto che la nipote Francesca mi ha sempre chiamata zia Liana. Federico e Giulietta Masina erano persone stupende e inarrivabili, ma di una modestia e un’umanità uniche al mondo. E’ stato lui a scoprirmi. Ho fatto cinema, teatro e tv solo dopo che mi fece un provino per “La dolce vita”. Avrei dovuto interpretare una donna giovane e tormentata, ma non era il ruolo giusto per me. Da quel momento, però, tanti produttori e registi hanno iniziato a cercarmi. Poi con Fellini ho fatto “I clowns” (documentario del 1970, ndr) e fu lui ad avere l’idea di “Mille e una notte”, un incredibile spettacolo coreografato da Gino Landi. Una cosa mai vista in Italia, che oltre trent’anni dopo ha realizzato il Cirque du Soleil ».

Tornando al cinema, c’è un film che ricorda con maggiore affetto?
«Non ho mai fatto una classifica dei cinquantatré a cui ho preso parte. Tutti mi hanno dato qualcosa. Anche quelli meno famosi sono stati importanti. Tra i miei ricordi più belli, c’è l’incontro con Totò. Ero incantata da lui, un essere stupendo, veramente un principe. Poi ho lavorato con Marcello Mastroianni, con cui ho girato la scena del bacio più lungo nella storia del cinema italiano. E ancora con Orson Welles e Vincent Price. La mia carriera è stata quasi più internazionale».

Come mai ha lasciato il cinema?
«Perché iniziarono a propormi parti non adatte per me, in film un po’ osé. Io ero considerata la fatina dei bambini italiani».

Le piacerebbe tornare a recitare?
«Se qualcuno mi offrisse un bel ruolo perché no. Certo oggi ho raggiunto la delicata età di 84 anni, che amo e ho vissuto con fatica, gioia, lacrime, sudore e infinita allegria. Servirebbe il giusto personaggio».

Il suo grande amore, però, rimane il circo. Cosa le ha insegnato?
«È stata la scuola di vita più importante. Il circo è un lavoro faticoso e pericolo, fatto anche di solitudine, che mi ha insegnato tutto, soprattutto a vivere».

Il circo è uno di quei settori ad aver risentito di più della pandemia.
«Noi siamo lo spettacolo più antico del mondo. Il critico Mario Verdone diceva che dal circo provengono tutte le arti dello spettacolo, già dai tempi delle tribù esisteva. La penso anche io così. Eppure, nonostante la nostra storia, in quest’ultimo anno siamo stati trasparenti e invisibili. Durante la pandemia si è parlato degli artisti di strada, ma mai del circo. Se non fosse stato per la gente comune e la Caritas gli animali sarebbero morti di fame».

Diceva che il circo è un mondo faticoso. Ma anche la sua vita l’ha messa sempre a dura prova, sin da piccola, quando una polmonite l’ha costretta a letto per molti anni. Ha affrontato sempre grandi sfide. La sua, insomma, è stata una vita da film.
«Nelle oltre quattrocento pagine del mio libro sono riuscita a raccontare solo un terzo di ciò che ho vissuto. Elisabetta Sgarbi lo ha definito “un romanzo di vita vera”. Ci sono dei produttori che vorrebbero comprare i diritti per farne un film. Vedremo se accadrà».

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