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Morte di Stefano Cucchi, in appello condanna a 13 anni per omicidio preterintenzionale per due carabinieri

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La Corte d’Appello di Roma ha confermato le condanne per la morte di Stefano Cucchi. Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro accusati del pestaggio di Cucchi sono stati condannati a tredici anni per omicidio preterintenzionale. Il trentunenne venne arrestato il 15 ottobre del 2009 ed è poi deceduto sette giorni dopo all’ospedale Sandro Pertini di Roma. Il verdetto è arrivato dopo cinque ore di camera di consiglio. Condannato anche il carabiniere Roberto Mandolini a quattro anni per falso (era il comandante della stazione Appia dove venne portato Cucchi dopo il pestaggio) e confermata la condanna per lo stesso reato a due anni e mezzo per Francesco Tedesco, il militare che con le sue dichiarazioni ha fatto luce sul pestaggio avvenuto nella caserma Casilina la notte dell’arresto. Per quest’ultimo il pg Roberto Cavallone aveva chiesto l’assoluzione. In primo grado, il 14 novembre 2019 la prima Corte d’Assise di Roma aveva condannato a dodici anni di carcere i due carabinieri accusati del pestaggio, Di Bernardo e D’Alessandro riconoscendo che fu omicidio preterintenzionale, come sostenuto dal pm Giovanni Musarò. Era stato assolto invece “per non aver commesso il fatto” per questa accusa Francesco Tedesco. Per lui era rimasta la condanna a due anni e mezzo per falso. Per la stessa accusa era stato condannato a tre anni e otto mesi il maresciallo Roberto Mandolini, all’epoca dei fatti comandante della stazione Appia.

 

 

Tedesco è considerato il supertestimone di questa vicenda. La corte d’Assise lo aveva valutato come “credibile’. “La narrazione” del militare dell’Arma sulle fasi immediatamente successive all’arresto di Cucchi era stata riscontrata da numerosi elementi. Tedesco, stando alle motivazioni della sentenza del primo grado, non solo era intervenuto per “cessare l’azione violenta”, impedendo ai colleghi Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro di continuare il pestaggio, ma aveva “spiegato in modo comprensibile e ragionevole il suo pregresso silenzio, sottolineando il ’muro’ che aveva avuto la certezza gli si fosse parato dinnanzi costituito dalle iniziative dei suoi superiori, dirette a non far emergere l’azione violenta perpetrata ai danni di Cucchi, e a non perseguire la volontà di verificare che cosa fosse realmente accaduto”, la sera dell’arresto.

 

 

"Il mio pensiero va ai miei genitori e a Stefano. Mio padre e mia madre non possono esser con noi per il caro prezzo che hanno pagato in questi anni". Così Ilaria Cucchi dopo la sentenza di condanna in appello dei carabinieri responsabili del pestaggio di Stefano Cucchi, che ha riconosciuto il reato di omicidio preterintenzionale. L'avvocato Fabio Anselmo, legale di Ilaria, ha rivolto un pensiero di gratitudine all'ex procuratore Giuseppe Pignatone, all'attuale Michele Prestipino e al pm Giovanni Musarò: "Dopo tante umiliazioni è per merito loro che siamo qui, e anche per merito nostro. La giustizia funziona con magistrati seri, capaci e onesti. Non servono riforme”. La mamma di Cucchi, la signora Rita Calore, ha pianto non appena gli è stata comunicata la sentenza al telefono.

 

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