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Bye bye Arcuri. Ecco l'inchiesta sulle mascherine che gli è costata il posto

Finisce l'era Arcuri ma l'inchiesta sulle mascherine continua. Il premier Mario Draghi ha nominato il nuovo commissario straordinario per l’emergenza Covid-19. Sarà il generale di Corpo d’Armata Francesco Paolo Figliuolo a prendere il posto del tanto discusso commissario uscente Domenico Arcuri, il cui mandato era in scadenza a fine marzo. La scelta del premier, Mario Draghi, segna il primo vero segnale di discontinuità con il governo precedente ma è una notizia non certo inaspettata. Il ruolo dell’ad di Invitalia era in bilico da giorni, la nuova maggioranza, infatti, aveva da subito chiesto al premier un cambio di passo sulla strategia per il contrasto alla pandemia ma soprattutto una netta inversione di rotta sul piano vaccini, tanto che nelle ultime ore si erano rincorse anche indiscrezioni che vedevano come nuovo commissario Franco Gabrielli fresco di delega ai Servizi.

 

A pesare l’inchiesta penale sulle mascherine nella quale ad oggi Arcuri compare nella veste di parte offesa. Ma anche la pioggia di esposti al vaglio della Corte dei Conti e i sempre più numerosi attacchi della politica che chiedeva con urgenza un cambio di guardia all’insegna della discontinuità. A Domenico Arcuri, da 14 anni ad di Invitalia, non è bastato lavorare a titolo gratuito come Commissario straordinario per l’emergenza Covid dal marzo del 2020 per ottenere una riconferma. Che il suo incarico, peraltro in scadenza, avesse i giorni contati con l’arrivo del governo Draghi, erano in tanti a pronosticarlo.

 

Sarà la storia a dire se in questi undici mesi vissuti in prima linea, con il paracadute garantito dall’ex premier Conte, Arcuri abbia ben operato o abbia davvero commesso gravi errori, ma, di sicuro, l’eco mediatica dell’inchiesta che la procura di Roma sta conducendo su 800 milioni di mascherine che il nostro Paese ha acquistato dalla Cina per 1,2 miliardi di euro non gli ha certo giovato. Ad oggi sono sette le persone indagate per reati che vanno dal traffico di influenze illecite alla ricettazione, dal riciclaggio all’auto-riciclaggio.

 

Quattro le società finite nel mirino del nucleo valutario della Guardia di Finanza. Fra gli indagati figura di spicco è l’ex giornalista Rai, Mario Benotti, personaggio ben inserito nel mondo della politica, con conoscenze trasversali. La procura - stando al principale capo di imputazione - ritiene che Benotti, «sfruttando le sue relazioni personali con Arcuri», si sia fatto «promettere e dare, indebitamente, dall’imprenditore Andrea Vincenzo Tommasi (che a sua volta agiva in concorso con Daniele Guidi, Jorge Edisson San Andres Solis) la somma di quasi 12 milioni di euro, a titolo di remunerazione indebita (perchè svolta al di fuori di un ruolo istituzionale-professionale) della sua mediazione illecita, siccome occulta e fondata sulle relazioni personali» con l’ormai ex Commissario «in ordine alle commesse di fornitura di dispositivi di protezione individuali ordinate dallo stesso Arcuri a tre società cinesi, individuate da Tommasi in partenariato con Guidi e Solis, i quali ricevevano provvigioni rispettivamente di 60 milioni e di 5,8 milioni di euro».

 

Il tutto è aggravato dal reato transazionale, «per la commissione del quale ha dato il suo contributo un gruppo organizzato da Benotti, Tommasi, Solis, Guidi impegnato in attività criminali in più di uno Stato».

Nelle ultime settimane ci sono stati i sequestri dei beni di alcuni indagati e dei provvedimenti cautelari: gli arresti domiciliari per Solis e il divieto temporaneo dell’esercizio dell’attività di impresa per Benotti e altri tre. Ma le indagini non sono affatto finite. «Dalle ultime risultanze investigative risulta evidente - faceva sapere giorni fa l’ufficio stampa - che la struttura commissariale e il Commissario Arcuri (estranei alle indagini) sono stati oggetto di illecite strumentalizzazioni da parte degli indagati affinché questi ultimi ottenessero compensi non dovuti dalle aziende produttrici».

Ma non tutto sembra tornare: la procura infatti vuole capire come mai il primo contratto di fornitura sia stato stipulato il 25 marzo del 2020, «quando la struttura commissariale ancora non esisteva», considerato che il Commissario straordinario era stato istituito con decreto legge di 8 giorni prima, ed è stato sottoscritto dal fornitore cinese il 26 marzo: sono quelli che i pm chiamano «difetti di consequenzialità cronologica tra le date che offrono l’idea dell’informalità con la quale si è proceduto, rispetto ad accordi che devono essere intercorsi tra le parti in gioco prima del 10 marzo del 2020 (data della prima proposta della società Whenzou Moon-Ray) e dunque ben prima del lockdown nazionale, che viene dichiarato il 9 marzo. In quel momento - si legge nel provvedimento di sequestro - nessuna norma consentiva, ancora, deroghe al codice dei contratti, poiché tale liberatoria sarebbe stata prevista soltanto con il decreto ’Cura Italià. Allo stesso tempo, evidentemente, vi era già un concerto sui passi legislativi ed amministrativi da compiere e i ’facilitatori' stavano già tessendo le relazioni, che avrebbero loro consentito lauti guadagni».

Le indagini raccontano dei 1.280 contatti tra Arcuri e Benotti nell’arco di 5 mesi (gennaio-maggio 2020) ma anche che «allo stato non vi è prova che gli atti della struttura commissariale siano stati compiuti dietro elargizione di corrispettivo» (tanto che pende davanti al gip una richiesta di archiviazione per il reato di corruzione).

La procura, comunque, non ha smesso di indagare «sull’attività di interposizione svolta da Benotti fondata sul rapporto personale con il Commissario straordinario e, certamente, non su un istituzionale ruolo di rappresentanza di interessi di categoria o su un ostensibile rapporto professionale di agenzia. Tale rapporto, che non è stato possibile formalizzare in un esplicito contratto avente forma scritta, come si impone a una pubblica amministrazione, ha conseguentemente causa illecita. L’accesso preferenziale al gradimento di un funzionario pubblico vulnera la sua imparzialità, che deve restare fermo presidio alle eguali possibilità dei cittadini di avere rapporti con la pubblica amministrazione per le possibilità di guadagno che ne derivano». Secondo chi indaga, Benotti, «non pago di quanto sino ad allora ottenuto» con la fornitura di mascherine, «aveva intenzione di continuare a proporre ulteriori affari ad Arcuri, il quale però dal 7 maggio scorso aveva interrotto ogni rapporto. Per l’ex giornalista Rai, l’allora Commissario lo avrebbe messo sull’avviso di qualcosa che di lì a poco sarebbe arrivato (forse un’indagine giudiziaria).

Di diverso avviso lo stesso Arcuri per il quale «le indagini sulle mascherine hanno avuto inizio con la segnalazione di Banca d’Italia del 31 luglio 2020 e hanno ricevuto impulso con l’informativa della Guardia di Finanza depositata in procura il 2 settembre 2020». Per questo motivo »è destituita di ogni fondamento l’affermazione circa l’esistenza di indagini conosciute sin dal 7 maggio 2020».