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"Da lavapiatti a chef, la cucina è fatica"

Paolo Zappitelli
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Come molti romani è uno di quelli che ha vissuto «intensamente» la settimana della Ryder Cup, l’evento mondiale di golf che si è svolto sui campi del circolo Marco Simone. Però lui l’ha vista dall’altro lato: Antonio Autiero, 34 anni, napoletano di Torre del Greco è lo chef che ha gestito, per Enoteca La Torre, tutta la parte della ristorazione di atleti, vip e pubblico del villaggio. E, ora che è tutto finito, ammette che è stata un’esperienza unica ma da far tremare i polsi: quasi 700 persone al giorno da gestire per la colazione e poi a ruota da accogliere per il pranzo, sveglia di tutto lo staff alle quattro e mezza del mattino per non trovare traffico fino al circolo e per iniziare subito a cucinare. «Il primo giorno ho pensato seriamente che non ce l’avremmo mai fatta - ammette - poi ho "aggiustato" l’organizzazione e l’abbiamo portata a casa. Ma è stata dura». Un’esperienza che ora racconta un po’ più rilassato nella cucina del ristorante Enoteca La Torre al roof top della Rinascente di piazza Fiume a Roma, dove è approdato nel 2022. Un posto di comando dopo essere stato per anni il secondo di Domenico Stile, chef che ha conquistato la seconda stella Michelin con l’altro ristorante che porta lo stesso nome sul lungotevere delle Armi, di cui è grande amico e con il quale ha condiviso gli anni della scuola alberghiera. Nel locale della Rinascente deve gestire una ottantina di coperti più la parte serale degli aperitivi, un menu «sfizioso» (assolutamente da non perdere la parte degli antipasti) e ben equilibrato tra carne, pesce e piatti della tradizione e una cantina assai interessante. Ad aiutarlo una brigata di giovanissimi e di cui va fiero: «Sono tutti bravissimi - racconta - ma oggi trovare ragazzi preparati e che hanno voglia di lavorare è sempre più difficile».
Eppure lo chef oggi sembra ormai essere il lavoro che tutti sognano.
«Sì ma i giovani oggi non hanno voglia di fare sacrifici, non fanno esperienza, non hanno le basi. Lavorano solo per soldi e così non vai lontano».
Detto da uno chef che ha solo 34 anni...
«Io studiavo all’alberghiero e il pomeriggio andavo a fare i banchetti, poi ho iniziato come lavapiatti sulle navi traghetto. Se lavoravi bene rimanevi, altrimenti andavi a casa. Quando inizi dal basso capisci tante cose, fai esperienza. E te la ritrovi tutta quando poi vai avanti».
Beh avanti lei è andato. Nel suo menu (60 euro la degustazione con quattro piatti, vini esclusi) c’è molto pesce, anche quello «povero» come la palamita, tra l’altro in una preparazione azzeccatissima. Retaggio delle sue origini di Torre del Greco?
«Amo il mare, mio zio è pescatore e quando torno giù da mio figlio e mia moglie ho la fortuna di avere una casa a poca distanza dalla spiaggia. Ho sempre avuto questo rapporto molto forte che mi ha insegnato l’importanza della materia prima e a rispettarla».
Però so che c’è un piatto che lei ama molto ma che ha dovuto togliere dal menu...
«Sì, il ragù napoletano, ha un gusto troppo forte e non tutti lo apprezzano».
 

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