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Quel vino Trentino figlio del vento

Paolo Zappitelli
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C’è un vino in Trentino che è figlio del vento. Un soffio d’aria gentile, l’Ora, che passa sopra il lago di Garda, si incanala nelle gole dolomitiche e arriva nella valle dei Laghi, il territorio di nascita - e di migliore resa - del Rebo, un vitigno relativamente giovane nato alla fine degli anni ’40 da un incrocio tra il Merlot e il Teroldego, uva storica di questa zona. Il «papà» è stato uno dei più famosi agronomi genetisti italiani Rebo Ligotti, nato proprio in uno di questi borghi, Padergnone, il quale incrociò le due viti. Di anni, prima che il vino frutto di questo «matrimonio» venisse riconosciuto, ne son passati parecchi, visto che la denominazione di origine è arrivata solo nel 1996. Intanto però il Rebo si era fatto conoscere in tutto il Trentino. Ma mancava l’ultimo passo, quello che ha portato alla produzione del Reboro, variante nella quale è stato introdotto un periodo di appassimento delle uve che può variare dai 40 ai 50 giorni prima di un lungo affinamento in botte, 5 anni, e poi in bottiglia, dai 6 agli 8 mesi.
E proprio per dar forma a questo vino diventa fondamentale il vento che arriva dal Garda perché consente alle uve di appassire «gentilmente» garantendo la giusta temperatura e la giusta ventilazione. Le arelle, i graticci sui quali i grappoli vengono stesi, sono messe nella parte più alta delle cantine, con le finestre aperte proprio per consentire il passaggio dell’Ora. Un’intuizione, quella di fare appassire il Rebo, non casuale, visto che qui ci troviamo tra i produttori del Vino Santo trentino - di cui si trova traccia già nelle cronache del Concilio di Trento del 1545 - il vino con il più lungo periodo di appassimento al mondo, sei mesi, praticamente fino alla vigilia di Pasqua. Il risultato è sicuramente un vino che ha una marcia in più rispetto al Rebo fresco, con una maggiore concentrazione di profumi e sentori, toni di frutta sotto spirito, amarene, tannini gentili e una sapidità finale che lascia la bocca pulita dall’eccessiva morbidezza. Il lato negativo, a volte, è una tendenza a toni un po’ troppo «marmellatosi» e una gradazione tra i 15 e i 16 gradi che lo rendono adatto solo a cene «robuste». Ad esempio con il risotto al prezzemolo, mela, animelle e maialino proposto dallo chef Peter Brunel. In questo caso con il Maxentia, un Reboro del 2015, prodotto a Santa Massenza, piccolo borgo nella valle dei Laghi dove si trovano tutte le cantine. Il Maxentia è estremamente equilibrato, con sentori appena accennati anche di fiori macerati; poi note agrumate e lunga sapidità finale. In degustazione nota di merito per il Reboro 2013 della cantina Giovanni Poli, perfetto nell’alternanza tra mordidezza e freschezza, con sfumature tostate e di caffè. Avvertimento a chi si volesse avvicinare a questi vini: la produzione è estremamente limitata, intorno alle 20 mila bottiglie, la vendita avviene direttamente in cantina. Oppure sui canali dell’e-commerce.
 

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