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Referendum: Ceccanti-Morando a Verini e Parrini, 'ecco perché convinti su sì a referendum'

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Roma, 5 dic (Adnkronos) - "Vi ringraziamo per averci espresso il vostro dissenso in modo puntuale e motivato e contiamo di ritrovarci insieme a Orvieto e nelle altre occasioni di incontro. Da parte nostra, tuttavia, non possiamo che ribadirvi in modo sintetico le principali ragioni dell'Associazione, che sono state espresse in modo organico dal carissimo Giorgio Armillei, purtroppo scomparso prematuramente, nella relazione ad Orvieto 2019 e più recentemente da Carlo Fusaro nel suo vademecum referendario". Lo scrivono il presidente e il vice presidente di Libertà Euguale Enrico Morando e Stefano Ceccanti in risposta alla lettera aperta dei senatori Verini e Parrini sul referendum sulla giustizia.

"Come ci insegna Augusto Barbera, riprendendo i lavori della Costituente e in particolare l'intervento di Aldo Moro del 16 ottobre 1947, il senso del referendum è quello di esprimere un giudizio puntuale sull'oggetto del quesito, anche a prescindere dal partito o dallo schieramento che votiamo, sulla base di un giudizio di insieme, alle elezioni politiche. Il senso del referendum sta nel dare all'elettore questa possibilità di distinzione di giudizi", spiegano.

"Per questa ragione non entriamo nel merito dei giudizi critici sull'operato dell'attuale maggioranza su altri temi, giudizi critici che per lo più condividiamo: quelli saranno valutati alle elezioni politiche, non in questo puntuale referendum. In generale, con tutta franchezza, siamo noi, da sempre favorevoli come Associazione alla separazione delle carriere, alla stregua di Giuliano Vassalli ieri e Augusto Barbera oggi, a trovarci in serio dissenso rispetto alle modalità di fare opposizione parlamentare in questa legislatura sui temi istituzionali. Vista da fuori l'attuale legislatura appare segnata da una indisponibilità al dialogo reciproca, non solo da parte della maggioranza", dicono ancora Ceccanti e Morando.

(Adnkronos) - "Ci sono nel vostro testo argomenti pregiudiziali contro qualsiasi separazione delle carriere, ma su quelli vale la nostra elaborazione di venticinque anni che ha sempre ritenuto infondate le costruzioni ideologiche della comune cultura della giurisdizione che sono incompatibili col modello accusatorio. A noi non riesce che essere coerenti con noi stessi. Ci sono poi argomenti puntuali contro questa specifica separazione delle carriere che invece, come giusto, andiamo ad esaminare", scrivono ancora.

"Il primo è quello di maggiori poteri ai pubblici ministeri che stupisce alquanto avendo visto nelle Aule vari parlamentari delle opposizioni con cartelli contro lo strapotere che verrebbe ad avere il Governo, critica di segno opposto. Visti i dati relativi alle indagini preliminari, con più del 95 per cento di richieste dei pm accolte dai gip, ci sembra che francamente accumulare più poteri, anche volendo, risulti sostanzialmente impossibile. I dati rilevanti sono nella fase preliminare, dove il processo mediatico sostituisce quello reale ed il cittadino spesso non può poi sentirsi vendicato, ove accusato ingiustamente, dalle fasi ulteriori, che spesso non fanno notizia. Né l'appello né la Cassazione possono riparare a quanto avviene prima in termini di lesa dignità di tanti cittadini", sottolineano

"Il secondo, quello del sorteggio, lo possiamo condividere, ma esso non nasce dal nulla, nasce dall'opposizione intransigente della stessa magistratura ai rimedi più ragionevoli rispetto al correntismo, per esempio la scelta di un sistema elettorale basato sui collegi uninominali. Il terzo è quello della Corte disciplinare che, in sostanza, non si discosta da varie proposte immaginate nel centrosinistra rispetto al sostanzialmente fallimento della disciplinare interna al Csm. E che punta a individuare un soggetto nel quale non siano maggioranza neé i magistrati giudicanti né i magistrati requirenti", aggiungono.

(Adnkronos) - "Il quarto è su quello del numero dei passaggi da una funzione all'altra che non ha alcun particolare significato se il Csm resta unico e se il disciplinare si svolge lì. Struttura unica comporta correnti uniche tra pm e giudici: il sistema resta in sé unitario e strutturalmente contraddittorio col processo accusatorio per la strutturale contiguità e colleganza fra chi giudica e chi accusa", argomentano ancora Ceccanti e Morando.

"Per queste ragioni riteniamo necessario dare rappresentanza con le iniziative della “Sinistra che vota sì” sia a un'eredità preziosa di cui ci sentiamo partecipi sia a tante voci che, per vari motivi, da sinistra intendono esprimere il loro dissenso solo nel segreto dell'urna. Da parte nostra invitiamo tutti a esprimersi esplicitamente in pubblico. Tanti di noi, nella costruzione di una moderna sinistra di governo, si sentono infatti debitori nei confronti di minoranze che al momento giusto osarono dissentire e argomentare in pubblico, come i cattolici democratici, che scelsero il no nel referendum del 1974 sul divorzio e gli elettori della sinistra storica che votarono no al referendum sulla scala mobile del 1985", concludono.

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