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Saviano dà buca a Veronesi: "Noi sulle navi Ong? Meglio far sentire la nostra voce"

Pietro De Leo
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Contrordine, compagni, il mare può aspettare! E Roberto Saviano dà il due di picche alla proposta lanciata ieri sul Corriere della Sera da Sandro Veronesi circa una mobilitazione “con il corpo”: ossia imbarcarsi fisicamente su una nave ONG che trasporta migranti sul Mediterraneo. Un'idea, quella di Veronesi, a cinque stelle, nel senso di vip, di lusso, tanto che era aperta ad altri noti milionari, da Jovanotti a Monica Bellucci, da Celentano a Chiara Ferragni e Francesco Totti. Proposta suggestiva di vacanze intelligenti, la versione glamour e non per tutti dell' andare a farsi i selfie nei villaggi africani mentre si consegnano le caramelle ai poveri bimbi scalzi e con le magliette logore. Invece no, Saviano dice no. E lo fa rispondendo al collega scrittore dalle colonne, ovviamente, di Repubblica. “La vera rivoluzione oggi è essere moltiplicatore di empatia, qualunque sia il tuo ambito perché nel piccolo spazio di terra che ciascuno di noi occupa può fare tantissimo”. Dunque, “Sandro, prima ancora che a salire sulle imbarcazioni delle Ong attive nel Mediterraneo, invito le persone che hai citato, e tutte le altre che per mancanza di spazio non hai citato, a far sentire la propria voce senza aver paura”. Questa, dunque, è la ricetta Saviano, contenuta in una lettera lacrimosa e lamentosa, spurgante vittimismo riga dopo riga, dove l'autore di Gomorra sente incombere il groviglio barbarico di quel filo spinato che va da Berlusconi (e ti pareva) a Salvini, all'interno del quale opera così pare di cogliere, della macchina delle fake news e degli odiatori del web. E poi butta là un riferimento che suona tanto di paragone: “Del resto è un vecchio gioco: Giacomo Matteotti venne calunniato sistematicamente dalla canaglia fascista che poi arrivò ad ammazzarlo”. Apoteosi dell'automartirio, insomma. Che tempi, signora mia, ma in nave non si va! Meglio proseguire con gli hashtag, con le magliette rosse, con le tavolate multietniche, con l'augusto epistolario da cazzeggio di mezza estate, i digiuni dei preti di frontiera, mentre il popolo bue, quello sì, si fa i conti in tasca passata da poco la stangata fiscale. Meglio stare con i piedi per terra, soprattutto con solide consapevolezze dal sen fuggite a Saviano: “saremo più grandi noi nella nostra sconfitta, che loro in questo barbaro trionfo”. Contenti loro… 

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