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Bersani-Pisapia, ora la rottura è totale

Giuliano Pisapia e Pier Luigi Bersani (LaPresse)

Carlantonio Solimene
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E' rottura definitiva a sinistra. Nonostante la mediazione di Giuliano Pisapia e l'appello di Romano Prodi e di altri grandi "vecchi" del centrosinistra come Walter Veltroni, le strade degli "scissionisti" bersaniani e del Pd si separano definitivamente. Non ci sarà nessuna alleanza alle elezioni, Matteo Renzi potrà invece contare solo sul "Campo progressista" guidato dall'ex sindaco di Milano. Al termine di una mattinata di confronto, l'assemblea di Articolo 1 - Mdp da il via libera alla lista unitaria della sinistra. Porte che si chiudono in faccia a Renzi e Piero Fassino proprio quando il lavoro di ricucitura sembrava portare a un punto di svolta: Fassino vede Pisapia, Renzi chiama Prodi e Prodi chiama Pisapia e alla fine emerge che l'ex sindaco di Torino è pronto a siglare il patto con il Pd sotto la supervisione di un garante, forse lo stesso Prodi. Da Articolo 1 e Sinistra Italiana nessuna sorpresa. Giuliano Pisapia e Campo Progressista da settimane, ormai, erano dati per persi alla causa della sinistra e ormai «adiacenti» a Renzi e al suo partito. «Peccato aver bruciato tanto tempo, tempo preziosissimo dietro alle "gnagnerie" di Pisapia», si rammarica Fabio Mussi. Al di là delle scelte dell'avvocato milanese, «penso che Renzi sia un nome del passato e non un nome del futuro», sottolinea Speranza mentre, quasi contemporaneamente, il segretario di Sinistra Italiana si rivolge all'ambasciatore di Renzi presso la sinistra: «Siamo persone cortesi e se ci chiedono un incontro, noi quell'incontro lo concediamo. Ma lo diciamo a Fassino e Prodi: il tempo è scaduto», dice Nicola Fratoianni. «Fare l'unità senza cambiamento è solo una alchimia elettorale che non porta da nessuna parte». La ragione dello stop a Fassino, è sostanziale, prima ancora che formale. I contenuti, spiegano Speranza e Fratoianni dai palchi delle proprie assemblee, sono il vero ostacolo all'alleanza. In Parlamento giace una proposta di modifica di Mdp al Jobs Act che è stata rinviata in Commissione. Una prova in più, se ce ne fosse bisogno, del fatto che il Pd e la maggioranza di governo non vogliono saperne, come spiega Alfredo D'Attorre, deputato Mdp. Se Renzi non intende abiurare su quanto fatto nei mille giorni di governo, Speranza e gli altri chiedono invece un mea culpa su «mille giorni in cui Renzi e il renzismo sono stati la variante italiana, pasticciata e con il solito surplus di arroganza, di una prospettiva del centro sinistra italiano che si crede vincente solo se imita la destra. Dobbiamo uscire dal teatrino di questi giorni». Senza abiure, dunque, la richiesta di una lista unitaria serve solo, per Mdp, per arrivare a liste civetta. La risposta è un niet deciso e il rilancio del percorso costituente di una lista «progressista e di governo» che vedrà la luce domenica 2 dicembre con l'assemblea costituente indetta da SI e Mdp. Piccata la reazione di Marco Furfaro, membro del coordinamento nazionale di Campo Progressista. «Abbiamo letto con un po' di stupore le parole di Roberto Speranza e di altri esponenti di Mdp sul fatto che avremmo cambiato idea. Consiglierei cautela e rispetto. Non solo perchè le biografie contano e negli archivi ci sono le foto di chi era in Parlamento ad approvare il Jobs Act e chi in piazza a contestarlo. Ma perché non siamo stati noi a cambiare idea, ma Mdp. Volevamo costruire insieme un soggetto di centrosinistra (a prescindere dal Pd), con la sinistra, il civismo, l'ambientalismo, il cattolicesimo democratico. Mdp ha scelto poi di fare la "cosa rossa", che al suo interno ha visioni diverse: da Fratoianni che dice "mai col Pd" a Bersani che dice "dopo le elezioni parliamo col Pd"». «Noi - aggiunge Furfaro - diciamo da mesi sempre la stessa cosa: per non consegnare il Paese alle destre, va ricostruito un nuovo centrosinistra, in discontinuità con il passato. E se uno spiraglio si è aperto in queste ore, più che la polemica col vicino di casa, ci interessa batterci fino all'ultimo per dare la cittadinanza italiana a un milione di bambini, la possibilità di una morte dignitosa e di curarsi togliendo i superticket. Ci interessa verificare fino all'ultimo la possibilità di costruire un programma diverso per l'Italia, che combatta la precarietà e le diseguaglianze, che valorizzi l'ambiente e che riporti occupazione e opportunità. Il resto, essere stampelle del Pd o di una sinistra che sarà irrilevante, non ci interessa. Il Paese non ha bisogno di slogan per battere le destre, ha bisogno di un centrosinistra nuovo e competitivo. Speriamo davvero di cuore che Mdp ascolti l'appello che anche oggi Giuliano Pisapia ha rivolto loro e scelga di giocarsi la partita fino in fondo e di lasciar perdere sterili polemiche che non fanno altro che allontanar ancora di più gli elettori». Al momento, però, l'unica cosa certa è l'assenza di dialogo.

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