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A chi sputa sulle Divise

Da sinistra l'agente Cristian Movio rimasto ferito e l'agente Luca Scatà che ha ucciso Amri

Gian Marco Chiocci
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È Natale e non siamo più buoni, perché non esiste giustificazione all'ipocrisia. Così ripetiamo quel che già dicemmo ai tempi in cui gli eroi, mai per caso, delle forze dell'ordine salvarono bimbi e anziani tumulati sotto le macerie del sisma. Oggi come allora qualche schifezza umana dovrebbe chiedere scusa ai servitori dello stato che hanno ammazzato lo stragista islamico. Ci rivolgiamo agli zelanti del partito antipolizia, ai nuovi farisei del perdonismo ideologico, a quanti invocano numeri identificativi sui caschi o l'istituzione del reato di tortura alla prima pressione psicologica durante l'interrogatorio di un sospettato, uno tipo Anis Amri, il jihadista metropolitano che voleva uccidere due poliziotti e grazie a Dio, o ad Allah, è rimasto ucciso. A voi che volete interrogatori e indagini in guanti bianchi, a voi che sperate (come certi pm) nell'eccesso colposo di legittima difesa, a voi che pontificate dal vostro salotto radical chic, ricordiamo che siamo in guerra. Una guerra pericolosissima perché le armi sono caricate di religione e antropologia, perché noi siamo colpiti nella nostra essenza civile e culturale di popoli liberi, cristiani e laici, amanti della vita e della libertà. Ognuno di noi è un bersaglio. Ecco perché ogni sera nel ringraziare il Signore, noi tutti dovremmo pregare anche per tutti quei signori in divisa che ci difendono da chi ci vuole morti. A quanti oggi si sono sperticati in lodi ai nostri eroi e domani li attaccheranno, va tutto il nostro disprezzo. Ai due ragazzi delle volanti va la medaglia al valore che ogni italiano vorrebbe appuntargli sul petto.

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