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I marziani siamo noi

Gian Marco Chiocci
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I marziani siamo noi. Quel che da lassù intravedono di una politica terra terra che nulla ha più di umano, è un universo di ostinazione e punte surreali. Renzi a Washington fa maquillage a una politica estera appannata ma lo sfumare delle fanfare e del sorriso di Barack coincide con l'accendersi delle tensioni europee, campo di battaglia in cui il «Nostro» - a differenza del Berlusca - non ha mai brillato. Continuiamo a pagare, inascoltati, l'altissimo prezzo (sociale ed economico) dell'esodo biblico migratorio. L'Italia è immobile, paralizzata, alla deriva più dei gommoni a Lampedusa: abbandonata, marginale, incapace di cambiare il corso delle cose, di incidere sull'ingolfamento dei ricollocamenti. E ora che l'Unione europea ha deciso di «vagliare» la manovra (con un certo tremore di Roma) sono cavoli. Il governo risponde coi fuochi d'artificio elettorali, bonus, deficit e qualche suggestione come l'ipotesi di condono sui contanti nascosti sotto il materasso. Mai un piano serio per abbassare tasse e spesa pubblica, mai un'ombra di proposta nelle opposizioni interne (Pd sempre meno partito di governo e sempre più partito da assemblea di condominio) e soprattutto in quelle esterne. Ieri mattina ascoltavamo Salvini darsi i pugni sul petto per proclamarsi nuovo imperatore; prima di pranzo abbiamo saputo che lui e la Meloni si erano riuniti con Berlusconi per ribadire un'unità che è solo nei comunicati stampa, e via via la giornata è proseguita, come ogni giornata, nei soliti rumors di dissidi e mal di pancia reciproci. Ai marziani di lassù anche i cinque stelle stanno ormai stretti, incapaci di incidere e governare. L'Italia è un gigantesco buco nero, senza stelle comete e astri nascenti. Non è il Paese che vogliamo abitare, senza alternativa, pigra nel suo status quo. Sarebbe meglio andarsene su Marte, come la sonda Schiaparelli. Non è un caso che il lander appena atterrato sul Pianeta Rosso abbia smesso di comunicare con la Terra. L'avremmo fatto anche noi.

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